TRAMA
Lo scrittore Chetwind-Ayers incontra un vampiro che lo conduce al “Club dei mostri” e gli racconta tre storie dell’orrore.
RECENSIONI
La formula a episodi dell’orrore, cara al produttore Subotsky, stavolta si arricchisce di una cornice-legante inventiva e geniale nel suo umorismo: L’Intervista col Vampiro rivela tre storie che seguono l’albero genealogico di succhiasangue, licantropi e i loro vari incroci/sottoprodotti (fra cui i punk! Che spasso…) e si ambienta al “Monster Club”, luogo di ritrovo di varia bestialità. Baker torna su grande schermo dopo sei anni e per l’ultima volta (fu, ingiustamente, un flop), firmando la sua prima e unica opera rock (sulla scia del successo del Rocky Horror Picture Show?) per la Chips Productions (le patatine ma anche cheap, a basso costo), con canzoni a tema (divertente title-track dei Pretty Things, commento sonoro di UB40 e John Williams) e tanto, scanzonato orrido dalla Transilvania, sotto luci al neon e fintume (nel club) palesato come nella pop-art (e in Luna Zero Due di Baker): da antologia lo striptease della ballerina fino a mostrare…lo scheletro e tutti i risvolti metatestuali, da John Carradine che impersona lo scrittore Chetwind-Ayers dai cui racconti è tratta l’opera, ad Anthony Steel nei panni di un Subotsky che introduce il secondo episodio, con infanzia da vampiro in ambiente moderno (per risparmiare, tipico del produttore: grande!). Non plus ultra, il terzo episodio parte da un set cinematografico dove il regista si troverà, suo malgrado, vittima di una delle storie orribili che racconta. Paradossalmente, i racconti incastonati sono più deboli del contorno: è da segnalare, però, il primo, “Shadrock story”, con questi “fischiamorte”, variante romantica da La Bella e la Bestia, con finale acidissimo. Segue un “Vampire story” che cerca l’umorismo a tutto spiano (il bimbo: “Che lavoro fai papà?”) a suon di violini tzigani (meravigliosa la marcia funebre che reitera la propria melodia a tempo con il cancello che non si apre) e “Huegoo story”, il più cupo, che tratta di necrofilia ben immergendo lo spettatore in un’atmosfera da incubo, peccato per il colpo di scena finale incredibile. Dulcis in fundo, non dimentichiamo che viene fatto socio ad honorem del club il più terribile dei mostri: un rappresentante della razza umana, talentuosa nel riuscire a uccidere 150 milioni di persone negli ultimi sessanta anni.