ANCORA UNA VOLTA

Manca il nocciolo della questione in questa commedia sentimentale che segna l’esordio statunitense del regista svedese Lasse Hallström: nonostante le apparenze ovattate millantino il contrario, non si tirano o si tirano male le fila del discorso, vedi l’incapacità nel restituire a tutto tondo il dramma della solitudine di una donna divisa fra affetto coniugale e parentale o il modo sproporzionato con cui si commisurano l’estrema reazione dei genitori di lei (che lo cacciano) e gli atti sgraditi dell’ospite straniero. Proprio quest’ultimo personaggio è l’anello più debole dell’intreccio: in partenza, il milionario lituano di Richard Dreyfuss è disegnato come un abile ruffiano che compra anziché conquistare gli affetti; in seguito le carte si rimescolano e salta fuori il tema caro a Hallström dell’accettazione del diverso. Specchiandosi in quest’esperto in tecniche di marketing, il film gratifica ma non dà affidamento nella sua ambiguità. Hallström non è nuovo (once around) alle incertezze tematiche: ha voluto consciamente (e maldestramente) allargare lo spettro interpretativo, mettendo alla prova i sentimenti dello spettatore che, portato a parteggiare per uno o per l’altro carattere, è puntualmente disilluso? Oppure, più semplicemente, è incapace di provare rabbia, non punta mai il dito contro niente e nessuno (qui poteva colpire l’american-way-of-life di Dreyfuss, il cordone ombelicale mai reciso di Holly Hunter, l’intolleranza dei genitori)? Ancora una Volta, si culla nella nostalgia (musica anni quaranta compresa) del valore del matrimonio, dei legami di sangue e con le proprie radici (sottolinea il forte senso delle tradizioni degli statunitensi nei confronti dei propri paesi d’origine), del casa-dolce-casa, dei rapporti sinceri e positivi fra padri e figli. Un tocco di classe: il proiettore puntato sul pancione di Holly Hunter. Due belle sequenze: Danny Aiello che prende in braccio Dreyfuss e il plongée sul corteo funebre alla rotonda.