Drammatico

WALKOVER

Titolo OriginaleWalkower
NazionePolonia
Anno Produzione1965
Durata75’

TRAMA

Andrzej, grazie ad un’amica, ottiene un colloquio di lavoro in un complesso industriale. Lo attrae, però, anche un torneo di boxe.

RECENSIONI

Walkover inizia esattamente dove terminava il precedente Segni particolari: nessuno: primo piano del volto femminile, la stazione. Andrzej, espulso dall'università, è di ritorno dalla leva militare, perennemente indeciso sul da farsi. È un boxeur dilettante, come Skolimowski, e trasuda indolenza, disillusione, flemma. Non ha niente per cui lottare e combatte fino all'ultimo per non essere coinvolto in qualcosa per cui lottare. Solo sul ring, a suo parere, vale la pena di menare i pugni: la folla t'acclama, l'Ego s'appaga. Ma sono vittorie di Pirro quando l'avversario non degna e non è degno (l'operaio che teme il licenziamento; il campione che punta solo al premio). Quella di Skolimowski è una protesta allegorica che si concretizza nella non-azione, nella fuga, in un'elegia della vigliaccheria. A differenza dei cugini della nouvelle vague, stilemi anti-sintassi/tradizionale a parte, non alza l'asta con messaggi estetici e politici, preferisce cantare la rinuncia (il walkower) in una partitura jazz libera, disordinata, enigmatica, qua grezza ed inespressiva, là ispirata (bellissimo il ritratto dei profili con i manichini sullo sfondo). Porta se stesso al cinema, senza "scriversi" addosso una partitura compiuta da svolgere e rendere emblematica: 75 minuti, fra i milioni possibili, nella vita di un giovane senza ideali. Al di "fuori" della sua mente confusa accadono suicidi, incidenti, gag assurde (la bilancia, le galline); ci sono pazzi, attivisti e laureati boriosi, finti preti, poemi radiofonici trasformati in gretti spot, come in Segni particolari: nessuno. L'importante è alzarsi prima che l'arbitro conti fino a dieci. Un'opera anche irrisolta, nonostante il beneficio del lirismo sperimentale.