TRAMA
Il centurione Marcus Aquila attraversa con il suo servo Esca il Vallo Adriano alla ricerca dell’Aquila dorata, perduta venti anni prima per la disfatta della IX Legione. A guidare la campagna era proprio il padre, ricordato dai posteri con disonore…
RECENSIONI
La ricerca di Marcus Aquila tenta di risanare non solo l'Onore perduto, travisato dallinaffidabilità della Leggenda e dal giudizio impietoso delle gerarchie, ma di esplorare l'orizzonte altro, dietro il Vallo di Adriano, luogo in cui l'ancestrale, l'ignoto e (necessariamente) il diverso si confrontano con il sistema di valori vigente. Nell'artificiosa purezza dell'eroe si riflette un'epoca dove il giudizio morale va oltre il singolo schieramento, si pone super partes pur non rinunciando a filtrare la violenza (molto pudica, stridente con la marca simil-documentarista dell'autore), a condannarla con un respiro quasi anacronistico, affrettato, piuttosto schematico.
Un viaggio dietro le “linee nemiche” in solitaria, sradicato dall’appena (accennata) burocrazia patrizia, porterà Marcus e il suo schiavo brigantes Esca (che gli deve la vita) ad incarnare il dialogo tra i due fronti, nel progressivo consolidarsi di un rapporto d’amicizia (topos tormentato del cinema di MacDonald) che vorrebbe integrare, a tesi, la presunta diversità di fondo. Si ribaltano i ruoli, si gioca sull’ambiguità del legame, provando a metterlo in discussione (Esca rimarrà fedele alla sua promessa d’Onore o tradirà il Padrone seguendo il richiamo del suo popolo?) tramite un’incertezza d’esito che non è mai tale, ancorata com’è in schemi narrativi di genere tanto collaudati quanto deducibili.
Non è la Storia quella di The Eagle. MacDonald si muove con ostentata insistenza nel confine tra il viraggio fantasy (le sovresposizioni della luce, l’enfasi cromatica dei paesaggi) e l’approccio documentaristico, molto lontano dal funzionare come tale (la mobilità della camera sui volti dei personaggi, l’insistenza evocativo-filologica dei dettagli, il respiro antropologico nel ritrarre le culture rappresentate). Imprigionato in una forma mentis tipica della sua formazione verité, l’autore cerca di destreggiarsi in una materia narrativa che manca totalmente della solidità dello script (cfr State of Play), cavalca digressioni prettamente visive, sostenute dall’insistenza dilatante della colonna sonora, che, nel tentativo di amplificare la percezione di un mondo (passato), mettono in evidenza i pochi snodi di un plot che non va oltre tipizzazioni (su tutte le dinamiche tra i personaggi) riconoscibili e rassicuranti. Una debole chimera su cui pesa la sicurezza di una poetica che non è in grado di conciliare l’intento liberatorio dai clichés con uno sguardo dai presupposti innovativi.
Potrebbe essere il seguito di Centurion di Neil Marshall dell’anno prima, incentrato proprio sulle gesta del padre del protagonista, e ci sono assonanze anche in alcuni temi (ad esempio, l’auspicio di fratellanza fra la seconda generazione dei popoli in lotta), ma lo stile dei due registi è completamente diverso: Kevin MacDonald proviene dal documentario e propende per un cinema più “classico”, ciò significa realismo, cura nel ricostruire usi e costumi sia dei romani sia delle tribù dipinte (non per niente ha citato, come modello, il western pacifista ed antropologico Un Uomo Chiamato Cavallo) e nessuna traccia “fumettistica” con personaggi sopra le righe (Neil Marshall). Un prodotto egregio, che funziona soprattutto nella prima parte, dove l’etica dell’onore militare, del coraggio e della fedeltà a Roma del protagonista (un convincente, eroico ed ottuso Channing Tatum) regala esaltanti scene in battaglia. Nella seconda si denuda troppo lo schematismo edificante di fondo, difetto condiviso con l’opera precedente del regista, L’Ultimo Re di Scozia (lo sceneggiatore è lo stesso), e/ma contenuto anche nel romanzo per ragazzi di Rosemary Sutcliff da cui prende le mosse (“La legione scomparsa”, 1954, già trasposto in una serie Tv del 1977): ci sono il confronto fra figli di fazioni opposte con il mito del padre, l’inversione di ruolo schiavo/padrone, l’unione finale contro il Potere. Poco male, dato che MacDonald sfrutta egregiamente, come Neil Marshall, gli scenari delle highlands (location anche in Ungheria) e regala una bellissima sequenza finale con i reduci (disertori) della Nona Legione che risalgono il fiume come fantasmi per avere una seconda occasione, di riscatto, ai piedi della grande aquila dell’onore (aquila-Eagle è il cognome del protagonista): sotto sotto, più che l’antimilitarismo, il film esalta l’etica della battaglia, del sangue, delle armi, pur in nome di alti ideali.