Supereroi

SPIDER-MAN 2

Titolo OriginaleSpider-Man 2
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2003
Genere
Durata127'
Sceneggiatura
Tratto dadai comic book di Stan Lee e Steve Ditko
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Proseguono le avventure di Peter Parker. Questa volta dovrà vedersela con il Doctor Octopus e con la sete di vendetta del giovane Harry Osborn.

RECENSIONI

Decisamente migliore del precedente questo secondo episodio del supereroe lanciaragnatele creato dal genio di Stan lee, confezionato dallo stupefacente team Raimi-Dykstra-Sargent (e Lee stesso soggettista). Atmosfere di gran lunga più suggestive, risvolti psicologici nelle caratterizzazioni dei personaggi più convincenti, personaggi medesimi più “tridimensionali” e, soprattutto, resa sfx di gran lunga più avvincente e spettacolare del primo Spider-Man. Lo strapotere della computer graphic, come l’incontenibile instabilità degli isotopi dell’atomo di uranio, non trova barriere. That’s Entertainment!
La pecca di questi cinefumetti rimane pur sempre la storia. Già perché ogni buona trasposizione che si rispetti deve tenere nella giusta considerazione l’aspettativa dello spettatore esigente che in questi casi coincide con lo spettatore lettore (prima) esperto della versione cartacea dell’eroe. E questo tipo di spettatore esige credibilità per ciò che concerne il coté prettamente narrativo. Tuttavia la fascinazione del racconto latita di nuovo (nonostante il tentativo di introiezione del nemico: l’avversario più temibile diventa proprio Peter Parker con il suo desiderio di normalità) e il (sur)riscaldarsi della melassa a base di retorica dell’eroe (“Da un grande potere derivano grandi responsabilità”) comincia ad andare in ebollizione come le provette del Dr. Connors (i più accaniti accoliti di The amazing Spider-Man sanno a che cosa ci riferiamo). Qualcuno dovrebbe ricordare a Raimi e compagnia la “rivoluzione McFarlane” dei primi anni ’90.
La predominanza di Spider-Man 2 spetta, come già detto, alle mirabolanti sequenze del ragnetto in azione (i volteggi trai grattacieli di NY City, gli estenuanti combattimenti con Dr. Octopus e le imprese “argina-catastrofe” del nostro) che oltre alla meraviglia e il divertimento assoluti (autentica allucinata felicità visiva) che offrono ai nostri occhi, inaugurano, o meglio ripropongono la singolare questione della digitalizzazione di un soggetto che già di per sé è (pre)supposto esserci senza esserci veramente. E’ la grande illusione del cinema che rappresenta una materialità che non c’è (più) e alla quale però siamo disposti a credere perché ci viene ri-presentata in una forma pìù esemplare: quella della (messa in) scena pellicolare. Un tema che dunque ci avvince ancor più perché il soggetto che non c’è combacia con l’eroe che non esiste.

Piccolo appunto inutile sulla scelta del cast: continuiamo a sostenere a gran voce Tobey Maguire e J. K. Simmons e deprecare Kirsten Dunst e Bill Nunn (per la non compatibilità coi ruoli, ovviamente). Passi Alfred Molina.

Un mezzo miracolo. Sam Raimi si dimostra (e si conferma) l’unico regista al mondo in grado di coniugare i grandi incassi con la “qualità” tout court e un amore incondizionato per il cinema sbandierato ai quattro venti. Spider-Man 2 ha letteralmente tutto quello che si può desiderare (rectius: ci si può ottimisticamente ma ragionevolmente aspettare) da un costoso sequel hollywoodiano, blockbuster per necessità, oberato da una discendenza fumettistica teoricamente limitante fino al vincolante: è un film divertente con stile, spettacolare ma non fracassone, romantico ma non sdolcinato, “serio” ma non serioso. Diverte la bella sceneggiatura (auto)ironica, a tratti finanche raffinata, ben servita da una regia perfetta (si veda la sequenza “dell’Uomo Ragno in ascensore”, un semplice e inaspettatamente lungo piano fisso che gioca a più livelli sull’anacronismo dei supereroi in costume); continua a essere perfetto l’uso di effetti digitali “evidenti” allo scopo di ricreare l’artificioso mondo altro dei fumetti; piace la bella storia d’amore impossibile tra Peter e Mary Jane, che solo nel finale abbandona i toni mélo per concedersi/ci un bacio liberatorio che fa molto fumettone (anche se lo sguardo finale della Dunst proietta ombre oblique sul futuro dei due piccioncini); stupisce, infine, la solo apparente leggerezza con la quale il film affronta temi profondi (e attualissimi) come quello del “grande potere” e delle “grandi responsabilità” che esso comporta. E poi c’è, su tutto, la mano di Raimi, regista davvero stra-ordinario che ama e crede ancora in un certo cinema “di intrattenimento classico” affrontandolo e direi applicandolo a viso aperto, senza inutili snobismi o metaforici giri di parole ma con tanta tanta intelligenza e affettuosa padronanza del mezzo.