Recensione, Thriller

SPIDER FOREST

Titolo OriginaleGeomi sup
NazioneCorea del Sud
Anno Produzione2003
Genere
Durata112'

TRAMA

A causa di un misterioso e tragico incidente d’auto nei pressi della Foresta del ragno, il produttore televisivo Kang Min viene sottoposto ad un urgente intervento chirurgico al cervello. Quattordici giorni dopo si riprende dal coma e insiste per chiamare la polizia e sostenere che la stessa sera dell’incidente aveva visto due persone brutalmente assassinate in un cottage nella Foresta. Choi Sung-hyun, detective nonché grande amico di Kang accorre all’ospedale. Dopo aver ascoltato la deposizione di Kang, il detective va nella Foresta e trova esattamente ciò che lui aveva detto. Le indagini rivelano che i corpi appartengono al capo e alla fidanzata di Kang, Choi Jong-pil e Hwang Soo-young. Il detective inizia le indagini controllando l’alibi di Kang il giorno dell’assassinio e la relazione tra le vittime. Nel frattempo Kang cerca di scavare nella sua memoria per capire esattamente cos’è successo nella Foresta e un’incredibile e crudele verità inizia ad affiorare.

RECENSIONI

Secondo lungometraggio di Song Il-gon (definito nel catalogo del Festival come il “vate della new-wave coreana per quanto riguarda surrealismo e subconscio”), Spider Forest è il solo film del giovane autore (classe 1971) che abbia visto in rassegna. Al di là di un simbolismo piuttosto schematico (luoghi, oggetti e insetti sono usati come strumenti di prevedibile amplificazione drammatica) e smaccatamente derivativo (Lynch e Cronenberg sono, anche ad occhi bendati, riferimenti impossibili da ignorare), il film sconta una sceneggiatura fin troppo contorta e lambiccata, ruotando attorno ai temi della colpa, dell’allucinazione e del destino con immutata inessenzialità. Appesantita da artificiose lungaggini e forzose simmetrie narrative, la pellicola è almeno parzialmente riscattata dalla pregevole fattura tecnica (luci, scenografie e composizione dell’immagine sono decisamente apprezzabili), da una certa audacia espressiva (le scene erotiche e quelle violente sono girate senza fastidiosi espedienti estetizzanti) e, soprattutto, dalla fantomatica interpretazione di Kam Woo-seong che, Dead Man dagli occhi a mandorla, attraversa il film con mortifera febbrilità.