TRAMA
Estremo Oriente (Cina). 1600 d.C..Cinque guerrieri dal passato misterioso e sette spade scendono dai monti per proteggere un piccolo villaggio contro le armate mercenarie che, al soldo della Nuova Dinastia Regnante, sterminano chiunque pratichi le arti marziali esplicitamente vietate da un editto del potere centrale.
RECENSIONI
Solo la recente ondata di wuxia orientali o pseudo tali (La tigre e il dragone) poteva fare in modo che venisse distribuito in Italia un maestro e genio del genere, purtroppo questi non sono più anni gloriosi per Tsui Hark, l'ultimo suo film ad ottenere visibilità e corretto plauso fu Time and Tide, anche quello come l'attuale Seven Swords in anteprima al Festival di Venezia. Era il 2000 ed era quello il primo film dopo la sfortunata e misera trasferta USA, ora, invece, grazie (?) ai due blockbuster mondiali di Zhang Ymou, Hero e La Foresta dei Pugnali Volanti, i tempi sembravano maturi per un prodotto complesso, articolato e soprattutto in mano ad un regista mitico in questo campo. The Blade e Once Upon a Time in China (i primi due almeno, veri capolavori) come regista, come produttore Storie di Fantasmi Cinesi e Dragon Inn sono titoli da cui è difficile prescindere ed era lecito – e forse lo è ancora – sperare.
Di fatto Seven Swords nella sua forma internazionale di 150 minuti è sì complesso ma pure scombinato nel tentativo che ci pare legittimo leggere di fondere più aspetti della tradizione, dalle corporazioni delle arti marziali -nei villaggi a difesa dai briganti - all'eroismo mitico degli asceti sui monti del cielo, dal passato mitico a quello storico, dal dettaglio materiale (sempre ammirevole, nulla da eccepire) alla tentazione di un epos astratto e melodrammatico.
E' nell'intreccio degli episodi e delle sottotrame che qualcosa non sembra funzionare e gli stessi protagonisti, guerrieri fortissimi con un passato piuttosto torbido ed ambiguo, bel tocco che non ci si aspetta del tutto, costretti a condividere più dimensioni diegetiche risultano incompleti.
La facile scappatoia che ci siamo aperti poco sopra dicendo che forse c'è ancora da sperare è legata all'ormai consueto ritornello della versione per l'home video che è stata in questo caso ampiamente anticipata e che sarà di ben quattro ore. Detto questo si potrà anche sostenere che con quasi il doppio di durata le pecche si rimodelleranno in percorsi di fatto più completi od in bozzetti dal senso compiuto ma di fatto, ora, la versione distribuita non rende onore al certo talento di Tsui che balugina fioco in alcune scelte di decoupage e di dinamica del quadro e in un paio di scelte di montaggio, al solito, piacevolmente disorientanti. Scelte, aggiungiamo, del tutto indipendenti dal soggetto, meccaniche e assenti in tutte i momenti di chiaro imbarazzo (il cavallo Rifle (?), l'accenno ai legami sentimentali incrociati).
L'ufficio stampa si è premurato in occasione della Mostra veneziana di puntare il dito verso l'assenza di effetti digitali, notizia così riportata da tutti i quotidiani, di fatto presenti e tutt'altro che spiacevoli come pure i combattimenti, ben lungi dall'essere le stantie contemplazioni dei film citati all'inizio. Non ci si aspetta la totale coerenza – le spade ed i loro nomi, la loro natura sono appena appena alluse, l'apertura del finale guarda al sequel, le motivazioni del cattivo, etc – ma proprio la ricchezza di spunti a far rabbia tanto sono disseminati senza alcun senno.
