
TRAMA
Un viaggio spettrale in treno su una linea secondaria dimenticata trasporta un figlio, Jozef, in visita al padre morente in un remoto sanatorio galiziano. Al suo arrivo, Jozef trova il sanatorio completamente moribondo e gestito da un dubbioso dottor Gotard, il quale gli dice che la morte di suo padre, la morte che lo ha colpito nel suo paese, non è ancora avvenuta, e che qui sono sempre in ritardo di un certo intervallo di tempo la cui durata non può essere definita. Jozef arriverà a comprendere che il sanatorio è un mondo fluttuante a metà strada tra il sonno e la veglia e che il tempo e gli eventi non possono essere misurati in alcuna forma tangibile.
RECENSIONI
Jozef va a trovare il padre morente in un sanatorio in cui il tempo segue regole proprie, rianimando il passato. I Quay tornano a un racconto di Bruno Schulz (il loro capolavoro Street of Crocodiles, 1986), con un incanto che mescola la preponderante stop motion con riprese in live action: un labirinto metafisico all’insegna dell’assemblage, l’ennesima declinazione della loro “Mittleuropa of the mind”, una nuova ala del loro museo privato in cui è legittimo perdersi, laddove gli americani consegnano ogni suggestione letteraria a immagini cariche di riferimenti e allegorie. Un’opera di radicale solipsismo creativo, intrinsecamente sperimentale, allergica al compromesso (si mantiene la lingua polacca del racconto), orgogliosa espressione di un mondo autoriale feticistico, vagamente dada, in cui l’oggetto è padrone assoluto e dove continuano a rianimarsi figure, immaginari e aneddoti dimenticati.
