TRAMA
April, insegnante sulla quarantina, desidera più di ogni altra cosa un figlio. Ma la fine del suo matrimonio e l’irruzione nella sua vita di Frank (un padre di famiglia appena separato dalla moglie) e di Bernice, la madre naturale di April, cambieranno per sempre il suo universo.
RECENSIONI
Per la sua prima prova dietro alla macchina da presa, Helen Hunt, acclamata attrice già premio oscar per Qualcosa è cambiato, sceglie per sé un soggetto non originale (tratto dal romanzo Then She Found Me di Elinor Lipman) costruendosi addosso la storia. La regista non riesce però del tutto nell’intento di dotare i suoi personaggi e le loro scelte della giusta naturalezza.
April, figlia adottiva, viene definita all’interno di quella polarità che ha da sempre caratterizzato la sua vita (e dramma): perdere-lasciarsi trovare-trovare. Ma è questo un moto che la Hunt sceglie di rappresentare interamente sopra di sé, con il risultato di ritrarre gli altri personaggi come gli elementi esterni di un insieme. L’immagine allora che emerge sopra ogni altra è quella di Helen Hunt (bella la sua prova d’attrice), mentre il film non riesce a coordinare la portata della protagonista con tutto il movimento che comunque tocca la sua esistenza. April rimane infatti fino alla fine una figura isolata, come se le cose e i desideri messi in gioco non fossero altro che delle necessità “date-di-fatto”, e tutto si risolvesse in una serie di piccole implosioni staccate le une dalle altre. Certo, la vita dopotutto è anche questo, ma il film perde talvolta quella spontaneità che altrimenti istituisce la sua forza, nocendo così al suo equilibrio.
La commedia scorre via come una passeggiata, a tratti divertente (vedi la scena della toilette nel ristorante di lusso) e sempre delicata (la Hunt non forza mai la mano, e questo è certo un suo pregio), senza tuttavia che i passi inquadrati nel film riescano realmente a trovarsi gli uni con gli altri.