Storico

PRIGIONIERI DELL’ONORE

Titolo OriginalePrisoners of honor
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1991
Genere
Durata99’

TRAMA

1895: l’ufficiale dell’esercito francese Alfred Dreyfus è condannato per alto tradimento. Il colonnello Picquart, indagando più a fondo, scopre che è innocente ma le alte gerarchie fanno ostracismo.

RECENSIONI

Non a caso, all’interno della filmografia di Ken Russell, come operazione ricorda il mediocre Il Cervello da un Miliardo di Dollari: oggetti, più convenzionali e su commissione, lontani da una poetica all’insegna del grottesco, del surreale, del lirismo allegorico, della provocazione tematica e dell’esasperazione figurativa. In minime dosi, pur nelle coordinate (che, comunque, restano fuori dalla sua portata) del dramma storico che esige una parvenza di realismo, la sua personalità fa capolino nell’accostamento, all’insegna dell’ipocrisia, fra Chiesa (di bianco ammantata) e corpo militare (ingaggia anche, non casualmente, “l’arrabbiato” Lindsay Anderson nella parte del Ministro della Guerra). Ci sono brevissimi attimi in cui compaiono anche i suoi deliri kitsch: la mise della cantante Imogen Claire nel locale notturno, la rappresentazione teatrale di “Dreyfus il Vampiro”. Sicuramente, poi, il regista s’è sollazzato nello sbeffeggiare soldati, politici e codici d’onore: ma in un film “politico”, il suo tipico “partito preso” rende tutto semplicistico e fa più male che bene al trattamento di Ron Hutchinson, scrittore che, negli anni novanta, si fece un nome, soprattutto nel piccolo schermo, per sceneggiature storico-polemiche di un certo peso (bel tocco la rivelazione finale su chi sia il narratore della storia nel film). È evidente che questo non è il genere adatto alle corde di Russell: drammaturgia moscia e superficiale, disegno psicologico unidimensionale se non contraddittorio e la “povertà” televisiva non aiuta (è una produzione Warner Bros. trasmessa da HBO). Richard Dreyfuss, (quasi) omonimo del noto protagonista dell’“affare Dreyfus” (per cui Émile Zola, qui interpretato da Martin Friend, pubblicò l’articolo “J’accuse!”), interpreta il colonnello Picquart, è impegnato anche come produttore e ha affermato di essere un discendente dell’ufficiale ingiustamente accusato.