TRAMA
Fred Flarsky, giornalista molto dotato ma dai modi poco raffinati, dallo spirito libero e con una tendenza a cacciarsi nei guai, rimasto senza lavoro, riallaccia per puro caso i rapporti con Charlotte Field.
RECENSIONI
Per la segretaria di stato Charlotte Field (Charlize Theron), che sta per annunciare la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti e vuole davvero salvare il pianeta, il punto più critico della sua agenda politica non riguarda la sottoscrizione di un onesto accordo per l’ambientale, ma la relazione romantica e i rumors che essa suscita. Nell’era in cui il privato è pubblico, è la scelta del partner e non quella dei mari, delle foreste e degli insetti impollinatori a interessare elettorato e commentatori politici, e a dirottare nel romance i termini di quella contrattazione che ha fatto della contemporaneità – per dirlo con Hustlers (2019) di Lorene Scafaria – uno spettacolarizzato ed endemico strip-club dove qualcuno balla perché qualcun altro lancia i soldi; dove si recita una parte per negoziare i propri interessi e la propria immagine.
È lontano da quella recita che è diventata la politica che l’alchimia fra Charlotte e il giornalista Fred Flarsky (Seth Rogen), ingaggiato per scriverle discorsi brillanti, sebbene improbabile (il titolo originale, Long Shot, rimanda anche a questo) quanto una donna alla presidenza della Casa Bianca, è credibile e la commedia trova un certo equilibrio. Arrivando persino a mettere in immagine il dibattito politico come uno scontro tra finzione e autenticità. Perché se gli oppositori della coppia sono un presidente degli Stati Uniti (Bob Odenkirk) che è un ex attore famoso per aver impersonato il presidente in una serie televisiva; un primo ministro canadese, bello come Alexander Skarsgård, che in realtà sfoggia un sorriso finto ed è già nel nome James Steward una contraffazione; e un miliardario che per affari vuole mutilare il programma politico di Charlotte, ed è lui stesso una protesi ributtante indossata da Andy Serkis; quasi come uno scarto da questo artificio esibito, da questa messa in abisso del reale, Charlotte/Charlize è davvero una «sirena» (“ammorbidita” più per la bella prova dell’attrice che per uno sconclusionato passaggio stoner della scrittura) davanti alla cui immagine downloadata si “sega” una nazione di (The) dreamers come Fred, che è proprio la sintesi di tutti i personaggi strafumati di Rogen.
Si potrebbe anche leggere Long Shot come una commedia del rimatrimonio, aggiornata al tempo in cui la celebrità ha scalzato il prestigio: perché è solo smettendo di essere come JFK e Marilyn (la citazione è del film) che Charlotte e Fred possono presentarsi pubblicamente come quella nuova unione che, nel genere, costituisce anche un nuovo corso della collettività. Qui nel segno di un processo inaugurato dall’osceno (siamo dalle parti della commedia di Apatow, ed è grazie alla diffusione del video in cui Fred si masturba sull’immagine di Charlotte che le stanze della loro relazione si de-segretano), che è egualitario solo sul piccolo schermo: sarà la loro immagine televisiva a presentarsi come il lascito della loro ri-unione; e se è vero che, dopo la diffusione del video, è Charlotte in quanto donna a essere giudicata più severamente dell'uomo che la accompagna e che si eiacula in faccia, è però a Fred in quanto soggetto più debole che si chiede di vagliare il compromesso maggiore. Non tralasciare questa prospettiva è uno dei pregi del film.