TRAMA
Ethan Hunt vuole smascherare e sgominare il fantomatico “Sindacato”, organizzazione criminale internazionale. Ci riuscirà senza l’ausilio di controfigure.
RECENSIONI
E siamo a cinque. Dopo il primo capitolo di De Palma troppo spesso sottovalutato (è invece film depalmiano fino al midollo), la saga è finita nelle mani di Tom Cruise che, ormai, sembra averla eletta a palcoscenico riepilogativo della propria epopea eroico/attoriale, territorio privilegiato nel quale riassumere, perpetuare e di volta in volta aggiornare il suo status di (ultimo) Divo Hollywoodiano. JJ Abrams prima e Brad Bird poi hanno, di fatto, risollevato la serie dopo lo zoppicante capitolo (T)Woo e ora, questo di Christopher McQuarrie, già cruisiano DOC, sembra un episodio di assestamento e consolidamento. Privo com'è di rilevanti guizzi emotivi da prendere moderatamente sul serio (MI3), così come di giochi formali e narrativi che rimandano alle origini depalmiane (MI4), Rogue Nation è puro divertissement alleggerito in tutte le sue componenti.
Il brand è riproposto in ogni suo tratto caratteristico, dall'irruzione nella fortezza inespugnabile, alle maschere di lattice passando dai doppi/tripli giochi d'ordinanza. Tutto fatto in maniera pedissequa e, come si accennava, senza mediazioni o giochi sulle aspettative dello spettatore. Tralasciando il primo capitolo - fuori scala - di De Palma, che si apriva già con una piccola mise eb abyme che raddoppiava il film (nel film), anche Abrams stupiva il suo pubblico tradendone le attese (il recupero della 'zampa di lepre' confinato fuori campo) e lo stesso Bird tornava depalmianamente su una sequenza (quella con protagonista Josh Holloway) come luogo cinematografico da smontare e indagare, in cerca delle verità nascoste. McQuarrie non fa niente di anche solo vagamente teorico. Il solo acceleratore sul quale spinge è quello di Cruise ed è proprio all'agiografizzazione di Tom che piega anche lo specifico filmico.
Durata e scala dei piani, taglio delle inquadrature, tutto sembra pensato per assecondare il Divo nella propria sovraesposizione: la sequenza iniziale, dell’assalto all’aereo, non è girata in modo da renderla particolarmente dinamica, cinetica o spettacolare ma per far notare al pubblico pagante che quello sospeso nel vuoto è proprio Tom Cruise e non una sua controfigura. Idem per la scena madre, la violazione del sistema di sicurezza subacqueo, nella quale il long take su Cruise ha la sola, evidente funzione di mostrare per quanto tempo il Nostro sia in grado di trattenere il fiato. E così via.
Rogue Nation finisce così per risultare una pellicola educata, finanche timida nel suo riverire la saga ma soprattutto il suo attuale custode, al cospetto del quale si genuflette senza compromettere (del tutto) l’autosufficienza del film. Per ora.
Tom Cruise, stavolta, gioca sullo status quo (suo e divistico) e non sull’impronta registica autorale: affida Mission: Impossible 5 al Christopher McQuarrie responsabile del pessimo Jack Reacher, sorta di prova del 9 del presente che, per fortuna, è meno sgangherato nei registri. Anche McQuarrie rischia poco: due ore e più di azione, commedia e tripli giochi, scartando la rifinitura dei dialoghi e l’elaborazione dei personaggi (bidimensionali), ad eccezione di quello ambiguo, triplo-giochista e mediamente riuscito di Rebecca Ferguson, emblema del film nel sembrare cool e sorprendente per, poi, rivelarsi solo rassicurante. Poco male: di tutto rispetto il moto continuo con contrapposizione buoni/cattivi, le sorprese e le missioni (davvero) impossibili. La mancanza di personalità della regia, però, a differenza dei capitoli precedenti, fa sembrare il brand solo un epigono in minore di James Bond, anche con e nonostante scene notevoli come l’inseguimento in moto ambientato in Marocco. L’apertura all’Opera di Vienna (Turandot e un “nessun dorma” reiterato nella colonna sonora) pare richiamare L’Uomo che Sapeva Troppo: forse, nelle intenzioni di McQuarrie, c’è la rincorsa alla classicità. Forse, essendo sempre stato un autore anche ambizioso, semplicemente non è nelle sue corde la confezione del b-movie con stile.