Commedia, Musicale, Sala

MAMMA MIA! CI RISIAMO

TRAMA

Passato e presente si intrecciano nel ritorno dell’allegra combriccola del primo film. Con qualche new entry. Ancora, ovviamente, sulle musiche degli Abba.

RECENSIONI

Dov’è finito quello spirito fieramente naif e anticonvenzionale che sulle note delle celeberrime hit degli Abba animava Mamma mia!? Dov’è finita quell’atmosfera scanzonata e leggera di contagiosa allegria? Dov’è finita Meryl Streep? Il sequel arriva dopo dieci anni, inevitabile considerando i 610 milioni di dollari incassati globalmente dal capostipite (più di 10 volte il budget), e prova a riproporre lo stesso modello di esotismo idealizzato condito da star e canzoni orecchiabili, ma fallisce nell’impresa perché tutto appare pretestuoso. L’aria che si respira è quella della rimpatriata tra vecchi amici ma manca il collante, una ragione per fare interagire i personaggi e dare al loro relazionarsi un brio non solo di facciata. Non è certo sufficiente l’ideuzza di avere trasformato il rabberciato hotel Villa Donna in un resort di lusso e la giovane Sophie nella sofisticata direttrice. Per consentire il reintegro del cast la sceneggiatura prevede una festa di inaugurazione con tanti invitati e per rimpolpare l’esilissimo filo narrativo ci si affida ai capricci del meteo ma, soprattutto, al prequel. Si opta cioè, con poca fantasia, per far rivivere allo spettatore la storia di Donna mostrando come tutto è cominciato: la fine della scuola, la voglia di girare il mondo, la scoperta dell’isola di Kalokairi e le tre avventure sentimentali da cui nascerà poi Sophie. Il tuffo nel passato vede protagonista Lily James che fatica a essere credibile e non tanto perché non sia brava e volonterosa, ma perché non ricorda affatto la Streep, mentre per tutti gli altri si cerca il calco con effetti decisamente più verosimili. Ma il giochino è tutto nel riconoscere i personaggi nella loro versione giovanile e lì si esaurisce.

Nel presente, intanto, nulla accade e i dialoghi hanno l’unica funzione di appiccicare in qualche modo le canzoni le une alle altre. Canzoni meno orecchiabili e famose, tanto che si reinseriscono comunque Mamma Mia e Dancing Queen per dare al pubblico l’idea che la festa stia continuando. Tra le coreografie si distingue quella di Waterloo, un minimo elaborata, mentre per il resto la si butta in caciara puntando sull’ensemble e l’effetto nostalgia. Le altre new entry del cast sono un simpatico Andy Garcia dall’incedere “pubblicitario” e, soprattutto, la rediviva Cher, improbabile madre della Streep e star a tutti gli effetti della parte finale. Sembra proprio di trovarsi a quegli incontri periodici con vecchi compagni di scuola in cui l’unica ragione di esserci è ricordare i vecchi tempi. Un passo indietro anche in ciò che si veicola. La presunta libertà di costumi delle vecchie generazioni è infatti sostituita da un asfittico familismo delle nuove, dove il matrimonio è fondamentale punto di arrivo e la mamma è sempre la mamma, anzi più che figura ispiratrice nel cui abbraccio morbido perdersi, icona da venerare in grado di generare, anche da morta, sensi di colpa e inadeguatezza. Alla regia Ol Parker (sue le regie di Imagine Me & You e Now Is Good e i copioni non irresistibili dei due Marigold Hotel) mentre Phyllida Lloyd (regista del musical Mamma mia! e della sua trasposizione cinematografica) resta in veste di produttrice esecutiva. In un cameo anche Meryl Streep a minutaggio quasi esaurito che può poco per risollevare le sorti del film.