Commedia

MACHAN – LA VERA STORIA DI UNA FALSA SQUADRA

TRAMA

Manoj e Stanley sono due ragazzi che vivono nella periferia di una città dello Sri Lanka. Alla disperata ricerca di un visto per potere espatriare approfittano di un annuncio trovato su un giornale per tentare la strada verso un destino migliore. Una città tedesca della Baviera rivolge infatti un invito alla nazionale di pallamano dello Sri Lanka per un torneo internazionale che si svolgerà in Germania.

RECENSIONI

Dopo avere prodotto, tra gli altri, il grande successo Full Monty, Uberto Pasolini debutta nella regia con un film che ha più di un'affinità con quello diretto da Peter Cattaneo. Sempre di "squattrinati organizzati" si tratta, infatti, questa volta non inglesi ma cingalesi. Cambiano quindi il contesto sociale e quello geografico (la disoccupazione del principale centro siderurgico dell'Inghilterra vs. la povertà di chi vive nelle baracche dello Sri Lanka), ma non l'arte di arrangiarsi degli intrepidi e simpatici protagonisti, che si improvvisano rappresentanti della nazionale di pallamano dello Sri Lanka per fuggire in Europa alla disperata ricerca di una vita migliore. Peccato che lo Sri Lanka non abbia mai avuto una squadra nazionale di pallamano. Pasolini segue con affetto i personaggi di cui dissemina il racconto (scritto insieme a Ruwanthie de Chickera) nelle difficoltà che incontrano per realizzare il bislacco progetto (pare, incredibilmente, tratto da una storia vera) e costruisce bozzetti non patetici ma carichi di umanità che sembrano attingere dai classici della commedia italiana. Sfiora in più occasioni, e qualche volta cade, nella macchietta (le nonne dalla battuta salace, il gelido responsabile dei visti all'ambasciata), arrotonda le conseguenze psicologiche di alcuni rapporti (i due amici protagonisti che non si perdono mai d'animo, l'inserimento di tanti nuovi personaggi nel corso del racconto, che per forza di cose necessitano di connotazioni stringate), ma riesce a mantenere un miracoloso equilibrio tra dramma e risate puntando molto sulla leggerezza. Il registro brillante scelto da Pasolini si contamina quindi con la poco rassicurante realtà sociale dello Sri Lanka dando vita a una vicenda all'inizio divertente, con punte decisamente spassose, per poi chiudersi con un'amarezza che, evitando la facile commozione, finisce per lasciare il segno. L’opera di Pasolini si è aggiudicata la vittoria nella sezione collaterale “Giornate degli Autori” al Festival di Venezia 65.