
TRAMA
Lo scrittore americano Sam Dalmas indaga, a Roma, su di un killer seriale di donne. Quest’ultimo inizia a perseguitarlo, prendendo di mira la sua fidanzata.
RECENSIONI
Sorprendente esordio dello sceneggiatore Dario Argento (per Sergio Leone, Umberto Lenzi, Giuseppe Patroni-Griffi): quello che doveva essere un qualunque film di genere rivela un talento, ridà linfa vitale al thriller hitchcockiano (da cui eredita però, previo Psyco, solo l’uso thriller-espressivo del commento sonoro), diventa un inatteso successo e fonda nuove coordinate. Al solito la critica nostrana lo snobba, oltralpe invece ne riconoscono l'originale commistione di giallo e suspense, impreziosita dalla fotografia di Vittorio Storaro e dalla centralità che hanno suoni, rumori, amplificazioni e distorsioni. Liberamente ispirato al romanzo “La statua che urla” di Frederic Brown, ha dei debiti, anche per l’idea alla base dell’intreccio, con il cinema di Mario Bava, da La Ragazza che Sapeva Troppo a Sei Donne per l’Assassino (vedi le soggettive e la singolare figura dell’assassino, quasi onnipotente, mitopoietica anche attraverso il vestiario). Argento influenza tutto il cinema internazionale a venire abbondando nel sadismo (più di Bava), cercando scene plateali che non dimenticano lo studio psicologico, depistando lo spettatore con colpi di scena, montaggio elusivo, dettagli fugaci e finte chiusure, dando vita a sequenze esteticamente potenti (la caduta dalla finestra in soggettiva), inventandosi ambientazioni che, come nei sogni, trasfigurano la realtà. Come fece Sergio Leone (con cui aveva lavorato in C’era una Volta il West) con il western anni prima, rifonda il thriller/horror con stilemi anche autorali (pause, silenzi, riflessione teorica sul mezzo e poetica dello sguardo) sfruttati, però, solo per accrescere la potenza e l’efficacia del racconto di genere.
