Drammatico, Recensione

LA GIUSTA CAUSA

Titolo OriginaleJust cause
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1994
Durata102’

TRAMA

Un professore di Harvard s’adopera contro la pena di morte e accetta di difendere un giovane nero, accusato ingiustamente dell’omicidio con stupro di una bambina e condannato alla sedia elettrica.

RECENSIONI

Il sud degli Stati Uniti razzista e provinciale (siamo nelle Everglades della Florida: allegoriche paludi melmose), un innocente vittima della giustizia sommaria, la disumana pena di morte, una donna che deve pulirsi la coscienza (la moglie del protagonista): questo il quadro offerto nella prima parte di questo adattamento del best seller dell’ex-cronista di nera John Katzenberg, specializzato in thriller angosciosi (Maledetta Estate). Una causa che più giusta non si può, rasentando il manicheismo monodimensionale e qualunquista ma di tutto rispetto per valori ed invettiva. Quando sopraggiunge il colpo di scena effettistico, però, tutto cambia d’identità, speculare all’imputato sotto giudizio: film e personaggio rinnegano l’immagine data di sé arrivando (paradossalmente, per il film) ad esaltare ciò che millantavano di condannare (la pena di morte, i maltrattamenti ai presunti colpevoli) per totale assenza di ombre, approfondimenti etici e psicologici, votandosi al solo dio spettacolo (che fa il suo mestiere, per carità). Cambiare registro, temi e fini per seguire in parallelo e in soggettiva le inversioni a U della vicenda sarebbe stato geniale: qui è l’evidente frutto di pura coincidenza e goffaggine. I veterani sceneggiatori di thriller Peter Stone e Jeb Stuart hanno apportato modifiche alle traiettorie del romanzo senza uscirne salvi; il regista, alla sua seconda prova dopo i Mambo Kings (genere musicale presente anche qui), non è in possesso della necessaria sensibilità umanistica: meglio si dedichi a film d’azione senza spessore. Però c’è un cast superlativo: grazie alle prove interpretative, il pathos cresce nei frammenti, tutto appassiona senza convincere. Menzione speciale per lo psicopatico di Ed Harris in stile Il Silenzio degli Innocenti (la migliore scena: quando “legge” dentro la mente di Sean Connery, nel primo faccia a faccia).