Drammatico, Sala

IL PADRE DEI MIEI FIGLI

Titolo OriginaleLe père de mes enfants
NazioneGermania / Francia
Anno Produzione2009
Durata110'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Il suicidio di Grégoire Canvel, stimato produttore cinematografico indipendente. Le conseguenze del gesto sul destino della sua famiglia e della sua ditta, la Moon Films.

RECENSIONI


Ambiziosa e audace, Mia Hansen-Løve: racconta gli ultimi giorni di Grégoire (dichiarato omaggio alla memoria di Humbert Balsan) mettendo la sordina, scivolando con apparente noncuranza sugli impegni, le amarezze e le tensioni del mestiere del cinema, eterna battaglia (dall'esito scontato) fra ideale artistico e denaro - il richiamo ai Templari -, dipingendo in controluce un idillio familiare troppo dolce, troppo struggente per non essere estremamente fragile, fatalmente compromesso. Grégoire porterà con sé il peso del proprio mistero, prostrato dalle difficoltà professionali, ma forse anche da qualcos’altro, un enigma di cui non rimarrà che un mucchietto di cenere. Purtroppo, con la morte del protagonista, anche il film sembra ripiegarsi su se stesso, perdendo l’andamento ingannevolmente placido, in realtà carico di occulta tensione, che caratterizza la parte antecedente il suicidio: nella seconda metà del film persistono improvvisi squarci di grande suggestione (la seconda visita alle rovine), ma il tono ellittico e trasognato (che ha il proprio culmine nella sequenza del viaggio in Italia, di sublime “inutilità” ma così efficace nel fotografare le dinamiche della famiglia Canvel, anche al di là delle intenzioni didascaliche insite nelle battute assegnate a Sylvia) cede il passo a una necessità di “narrare” il lutto, che conduce la regista a percorrere, attraverso le vicissitudini della figlia maggiore, Clémence, strade da telefilm o fotoromanzo. Anche la sottotrama dedicata al destino della Moon Films, se da un lato evita ingenuità da pièce à sauvetage, dall’altro non riesce a eludere un sospetto di riempitivo (anche a causa della conclusione, tropposbrigativa). Il film, quindi, convince a metà, e forse vale più per quello che annuncia, in potenza, circa l’occhio e la sensibilità di una regista che, vale la pena ricordarlo, non è ancora trentenne. Bella prova degli interpreti tutti, ma Chiara Caselli, al pari di altre colleghe, dovrebbe resistere alla tentazione di doppiarsi da sola.