Horror

IL FANTASMA DELL’OPERA (1998)

TRAMA

Parigi, 1877: un terrificante “fantasma”, domiciliato nei sotterranei del Teatro dell’Opera, s’innamora della sostituta del soprano.

RECENSIONI

Terribile. Sgombriamo il campo dalle pretese autorali: fedeltà o meno al testo di Gaston Leroux e al capolavoro muto diretto da Rupert Julian, fotografia che replica gli studi di Maurice Delatour sulla luce, vezzi citazionisti (il pittore Degas), il fil rouge delle ultime opere di Argento sul rapporto fra Arte e Orrore (la sua arte è orrore, il suo orrore è arte?). Ci troviamo di fronte alla rappresentazione parrocchiale (alto budget a parte) dell'immaginazione di un bambino, più interessato a stupire che a persuadere, incurante di interpreti e recitazioni d'accatto, intento a dare corpo, di getto, al proprio sogno. L'occhio di Argento riflette visioni incubali che il cervello non vuole e non riesce ad elaborare. Appassionato di opera, rivisita un classico e, per la prima volta (se si esclude Le Cinque Giornate), torna indietro nei secoli, portandosi appresso il proprio bagaglio di lussuria, mutilazioni, perversioni, schizzi di sangue e vomiti dell'anima. Si permette di togliere la maschera al fantasma, di trasformarlo in un Tarzan dei topi e di donargli poteri soprannaturali non ben identificati. Filma le mimiche spastiche in playback della figlia coatta (terzo film con lei, terzo disastro), viziosa come una bagascia (altro che passione!) al primo alito del fantasma sul suo collo. Coinvolge nella sceneggiatura il Gérard Brach di Roman Polanski e le sue deformazioni grottesche (la macchina ammazzatopi? Le ridicole visioni celesti del fantasma?). Dissemina il racconto di atti libidinosi o macabri del tutto gratuiti: il club orgiastico, la lingua strappata, la mammella sfregiata della povera Rinaldi, Julian Sands che s'infila un topo nei pantaloni per godere. La paura c'è, corre nei sotterranei infernali; il doppio amore Luce/Oscurità è un curioso riflesso dell'anima (e si risolve in una plateale recita scolastica) ma, dopo una scena come quella in cui Sands, per salvare una bimba dall'oscenità di un pedofilo, la fa assistere ad una macellazione dal (del) vivo che traumatizzerebbe Satana in persona, l'imbarazzo è senza appello.