TRAMA
Nel 1988 la squadra scolastica dei Premian High Panthers di Odessa era la favorita nel campionato del Texas, avendo una stella di prima grandezza come Bobbie Miles: quando questi s’infortuna, però, non fanno che perdere.
RECENSIONI
Solo alla luce del finale si comprende il motivo d’essere dell’ennesimo film sportivo all’americana sui perdenti/vincenti. La chiusura, però, rende anche inconcepibile la ratio della messinscena di Peter Berg che, dopo una partenza lirica con chitarra malinconica e sottofondo di voci di radio, inizia e non smette più di girare quello che sembra il trailer di un film che non vedremo mai: macchina da presa a mano, inquadrature mosse, zoom, montaggio veloce (un secondo per sequenza), quadri ravvicinati, insert continui, ritmo caotico e stordente più che convulso, alla Oliver Stone ma privo della sua efficacia drammaturgica. Non si entra mai “dentro” un personaggio o una situazione. La passerella, oltretutto, è dedicata a una serie di cliché alla Che Botte se incontri gli "Orsi", quando il romanzo-inchiesta alla base di Buzz Bissinger (cugino di Peter Berg) parrebbe anche intenzionato a uscire dal “gioco”, per raccontare cosa voglia dire essere giocatori perfetti e non solo vincenti, e cosa voglia dire esserlo in un Texas che investe follemente nel football delle high school. È vero che Berg dissemina anche segni di “altro”, come la pressione che subiscono i giocatori e il coach, il fanatismo di uno stato per cui il football è come una religione, le aspettative e i sogni dei giovani, ma nel suo marasma resta in evidenza solo l’iter del campionato, tirato via fino alla fatidica partita finale (che, nella realtà, era una semifinale), con sorpresa a seguire. Un commercial di non si sa bene cosa che, nello spettatore, lascia sedimentare ben poco, per quanto abbia anche dato origine, due anni dopo, a una serie Tv.
