Criminale, Drammatico, Miniserie, Thriller

ESCAPE AT DANNEMORA

Titolo OriginaleEscape at Dannemora
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2018
Durata1 stagione, 7 puntate, 440'
Scenografia

TRAMA

Tratta da una storia vera, avvenuta nel 2015 nello stato di New York, l’incredibile fuga di due carcerati dal Clinton Correctional Facility, aiutati da una dipendente della prigione.

RECENSIONI

Quando un presentatore di NBC News affamato di prurigine e true crime - del resto, come dargli torto, con una storia così torbida e rocambolesca per le mani? - le domanda se si sia mai resa conto di aver oltrepassato una sorta di confine, Joyce “Tilly” Mitchell lo confessa, in tutto il suo candore: «Sì, forse a un certo punto devo essermi sentita eccessivamente a mio agio». Nella miniserie in sette episodi diretta da Ben Stiller a partire da un caso di cronaca troppo bizzarro per non venir trasposto sullo schermo, la vera stella è lei, Tilly, e non soltanto per il plauso unanime raccolto da Patricia Arquette con la sua interpretazione - peraltro benedetta da uno di quei clamorosi imbruttimenti che tanto garbano ai tabloid: 50 anni, due passioni due (i Jonas Brothers e i suoi cagnolini, i cagnolini e i Jonas Brothers) e un impiego come coordinatrice della sartoria al Clinton Correctional Facility che le consente di entrare e uscire dal carcere, facendo la spola tra interno ed esterno, tra la gabbia reale in cui confeziona pantaloni con i detenuti e quella figurata - ma non per questo meno costrittiva - del suo matrimonio in odore di naufragio («for she once was the true love of mine» chiosa, beffardo, Bob Dylan, in duetto con Johnny Cash, mentre sullo schermo sfila la routine annichilente della coppia). È una figura tragica, la sua, prigioniera della propria meschinità e delle miserie middle class di un angolo remoto e inospitale di provincia americana, eppure pronta, o quasi, a buttare tutto all'aria per coltivare un sogno vago e facilotto - Messico e nuvole, Margarita e casetta sulla spiaggia - insieme alla coppia di galeotti con cui intrattiene una relazione clandestina: accoppiamenti fugaci e brutali, consumati nel retro della sartoria mentre nelle menti dei due omicidi (Benicio Del Toro, algido e sinistro, e Paul Dano, perfettamente in parte) si fa strada l'idea della fuga. Per Matt e Sweat la libertà è tutto fuorché alata: come nel film di Darabont, passa attraverso un tunnel sotterraneo la cui realizzazione si mangia gran parte della serie, incentrata per cinque episodi - fino alla puntata flashback, significativamente collocata dopo la riuscita dell'impresa - sullo stillicidio dello scavo. Stiller defrauda il genere della congenita tensione, lasciando che il tempo della vicenda si dilati e restituendo così la frustrante routine del microcosmo carcerario, la claustrofobia di un sistema colluso dove tutti, guardie in primis, orientano al do ut des il proprio agire, in un rete tentacolare di reciproco e impunito sfruttamento. Per sette episodi, compresa la lunga (venti giorni, condensati in quasi due ore di puntata) caccia all'uomo del finale, Escape at Dannemora frustra le attese dello spettatore facendosi beffe del formato e ribadendo che, no, non poteva essere un film, come auspicato da più parti al momento dell'uscita. Il titolo, del resto, parla chiaro: se la fuga è a Dannemora, e non da Dannemora, dovrà pur esserci un motivo.