
La didascalia iniziale ci informa che per il codice penale marocchino una relazione sessuale tra adulti che non sia consacrata dal matrimonio viene punita con una pena che va da un mese a un anno di reclusione. A Casablanca la giovane Sofia vive con la sua famiglia e durante un pranzo con i parenti avverte forti dolori al ventre. La cugina, studentessa in medicina, la informa che non solo è incinta, ma che è prossima a partorire. Le due ragazze si allontanano dalla casa con un pretesto e si recano in ospedale, ma per ricoverarsi per il parto occorre un certificato di matrimonio. Una volta che verranno coinvolte le autorità, il film si sposta sulla gestione del rapporto tra la famiglia della ragazza e quella del presunto padre: dalle loro trattative emergeranno tutte le contraddizioni di una legge consacrata al principio religioso e di una burocrazia crudele che se ne fa strumento. Ma anche a quali aberrazioni questo sistema costringe le persone: un colpo di scena infatti ribalterà le convinzioni spettatoriali e darà un nuovo significato alle scelte fatte dai personaggi, mostrando come l’irragionevolezza del precetto legislativo alimenti nella società un ordine ipocrita che – coinvolgendo famiglia, affari e convenienze – costituisce la base di ogni risoluzione. Una società in cui la felicità e la realizzazione dell’individuo sono le inevitabili vittime sacrificali. Così la didascalia finale ci illustra le deprimenti statistiche sugli aborti clandestini e sui ritrovamenti di neonati morti abbandonati in Marocco.
Meryem Benm’Barek se nella prima parte del film gioca con efficacia sul registro naturalistico, riuscendo a creare una tensione che sa quasi di thrilling (lo svelamento dello stato di Sofia, il poco tempo a disposizione, le difficoltà per ottenere assistenza, la famiglia ignara che attende), risulta molto meno efficace quando il film si focalizza sulla questione burocratica e va a scavare, di rimando, nelle dinamiche familiari. A quel punto il confronto tra i personaggi risulta tutto di maniera e ripiegato su una tesi di cui lo stesso twist costituirà un corollario.
Questi i premi della sezione assegnati dalla giuria presieduta da Benicio Del Toro:
Premio “Un certain regard”: GRÄNS (Border) – Ali Abbasi
Premio alla sceneggiatura: SOFIA – Meyem Benm’Barek
Premio all’interpretazione: Victor Polster (GIRL – Lukas Dhont)
Premio alla regia: Sergei Loznitsa (DONBASS)
Premio speciale della giuria: HUVA É CANTORIA NA ALDEIA DOS MORTOS (The Dead and The Others) – João Salaviza e Renée Nader Messora