
TRAMA
Quattro storie legate indissolubilmente all’universo sardo che accompagnano lo scorrere delle stagioni e diverse generazioni di personaggi.
RECENSIONI
Il fluire del tempo attraverso l'alternarsi delle stagioni. Quattro episodi suddivisi climaticamente e anagraficamente con il denominatore comune del contesto geografico: la Sardegna. Non quella affollata di turisti in cerca di mare cristallino e relax, ma una Sardegna quasi sconosciuta, in cui la lingua italiana non e' ancora entrata e dove un dialetto stretto commenta le azioni, gli amori e popola i pensieri. In "Primavera" un gruppo di ragazzini scopre il mare. Con l'"Estate" un pastore di pecore viene iniziato al sesso da una turista francese. L'"Autunno" porta la malinconia di una suora che torna al suo paese per il matrimonio di una cugina e l'"Inverno" e' la morte sorridente di un uomo anziano prima di consumare con una prostituta. Gli episodi sono slegati tra di loro, ma qualche personaggio passa dall'uno all'altro garantendo un senso di continuita' territoriale e narrativa. E' un cinema etnico-antropologico quello di Salvatore Mereu, che, attraverso l'esplorazione di luoghi e volti, riesce a comunicare il contrasto di una terra in cui solo pochi chilometri separano il pastore semi-analfabeta dalla spiaggia dei Vip. C'e' il sospetto di un calcolo nella ricerca naturalistica alla base del film, che non brilla concettualmente per originalita' (e' il genere prediletto dai festival piu' blasonati), ma colpisce per la verita' della messa in scena. Soprattutto nei primi due episodi, la macchina da presa scompare e domina la spontaneita' degli attori. Diventa poesia l'entusiasmo dei ragazzini che vedono per la prima volta il mare. Sorprende la naturalezza dei gesti con cui la turista francese seduce il giovane e imbranato pastore: la verita' di occhi che si incrociano, di braccia imbarazzate che si cercano, una sensualita' naturale e priva di gratuita esibizione. Con l'entrata in scena della suora nel terzo episodio, pero', qualche cosa comincia a stridere: troppo bella e luminosa, lascia sottindere una forzatura nel contrasto con gli abitanti del paese; l'ultimo capitolo e' quello che convince meno, con un ricongiungimento onirico tra defunti che lascia trasparire una certa furbizia. Quali che siano le intenzioni dell'autore, comunque, il film e' ben fatto, riesce a cogliere l'intensita' di gesti e sguardi e trasmette con piglio sanguigno la realta' locale. Anche se le citazioni o le ispirazioni, da Truffaut a Fellini passando per Kusturica, sembrano un "must" decisamente rinunciabile.
