Horror, Recensione

DAYBREAKERS

Titolo OriginaleDaybreakers
NazioneAustralia/U.S.A.
Anno Produzione2009
Genere
Durata98'
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

2019: un’epidemia ha trasformato in vampiri la maggior parte degli abitanti della terra, i quali hanno però bisogno di sangue umano per sopravvivere, con gli umani in via di estinzione. Una bella gatta da pelare.

RECENSIONI

Due film sono pochi ma, a volersi sbilanciare un po’, potremmo ipotizzare che i fratelli Spierig abbiano il B-Movie nel sangue. L’opera prima, Undead, era chiaramente un divertissment zomBesco di non-autore, bottega d’artigianato digitale, simpatico negli intenti ma poco sostenibile nella pratica, vilipeso dalla scelta di un registro esplicitamente comico non supportato da adeguata vis (comica). Questo Daybreakers alza vistosamente il tiro (cast rispettabile, effetti patrocinati Weta) e, per buoni 2/3 di svolgimento, centra in pieno il bersaglio: ci troviamo in un limbo dove il demenziale e il serioso dialogano amabilmente, la regia sfoggia un inatteso aplomb lasciando spazio e tempo adeguati al racconto e confinando i guizzi sguaiati al posto giusto (l’esplosione del militare-cavia, l’intrusione del subsider nell’appartamento di Dalton) mentre la storia sembra doversi/volersi fregiare di quel doppio livello di lettura caro a tanto classico fanta-horror (il sangue in esaurimento metafora del petrolio?). L’aura, certo, è sempre B ma in senso buono, libertario, free, concetti riassumibili e in un certo senso reificati dalla presenza di un attore “completo” come Sam Neill che, in passato, è uscito indenne da prove patinate (Jurassic Park), teoricamente imbarazzanti (il pur interessante Event Horizon, che nel finale si tuffa nel trash, con Neill stoico protagonista) e carpenteriane, con tutto quello che il carpenterianesimo si porta dietro (Il seme della follia).

Equilibrio. Daybreakers vive insomma 2/3 di invidiabile equilibrio, con Jurassic Park, Event Horizon e Il seme della follia che riescono a dialogare. Ma i due Spierig non sembrano resistere al richiamo della caciara. O, forse, hanno dei limiti che li accompagnano inesorabilmente nei territori del B deteriore: l’ultimo terzo del film sbraca con poco ritegno, smentisce molte delle premesse (lo status rispettabile e quotidiano dei vampiri, che nel finale diventano invasate creature romeriane), aggiunge particolari inediti [l’esplosione dei vampiri impal(ett)ati à la Blade], smarrisce il senso della storia (le due cure per il vampirismo, mere, gratuite esigenze di sceneggiatura) e, in breve, si disunisce senza trovare più degna coordinazione, in balìa dell’acido lattico. Ora, è appena il caso di accennare al fatto che quello che il film “diventa” nel finale potrebbe anche trovare degli estimatori: in fondo, fino a un certo punto Daybreakers si presentava come prodotto riuscito e rispettabile mentre le derive camp che lo infettano ne impongono una rilettura in chiave “off”, ma insomma, le cose sembravano funzionare così bene… Vogliamo però concedere il beneficio del dubbio attenuante, ossia che il film sia un remake non ufficiale de L’ultimo uomo sulla terra, e che dunque voglia includere – con forzature annesse - tutti gli elementi di riferimento: non solo l’idea di base (l’epidemia che trasforma gli umani in vampiri) ma anche, aggiornata, l’iconografia (i vampiri non sono i mostri di Io sono leggenda ma uomini leggermente modificati), le incongruenze (c’è la scientificità del virus ma anche gli anacronismi horrorifici dei paletti e dei canini affilati) e le contaminazioni ante-post-litteram (le creature di Ragona anticipavano gli zombi de La notte dei morti viventi, quelle dei fratelli Spierig “diventano” gli zombi famelici di Zombi e Il giorno degli zombi, con sequenze di aggressione antropofaga di massa citate alla lettera).