TRAMA
A Bodega Bay, sulla costa californiana, Melanie viene attaccata da un gabbiano. In seguito, è testimone di un altro uccello che si suicida sbattendo contro la porta. Anche i passeri iniziano ad invadere le dimore.
RECENSIONI
"Il vecchio conflitto tra gli uomini e gli uccelli è rovesciato: stavolta gli uccelli stanno fuori e l'uomo in gabbia" (Hitchcock). Producendo in proprio (Shamley Productions) con i proventi ottenuti da Alfred Hitchcock presenta e traendo spunto ancora una volta da un racconto (1952) della Daphne Du Maurier di Rebecca La Prima Moglie e La Taverna della Giamaica, Hitchcock, con il supporto alla sceneggiatura di Evan Hunter, elabora una prima parte che fa da prologo, con una traccia sentimentale e un disegno dei caratteri a tutto tondo, dove impazza la sua sottile ironia fra personaggi strani e tare psicologiche (su tutte la sessualità repressa). Il piatto forte arriva però con l’horror dell'attacco degli uccelli, magistrale nelle sequenze di paura agghiacciante che, però, non abbandonano le sfumature umoristiche: la beffa è non motivare l’azione aggressiva degli uccelli, simbolo di un’inarrestabile e incomprensibile forza naturale che costringe lo spettatore a carpirne la genesi nei potenziali “peccati” dei caratteri. Bernard Herrmann è ingaggiato come consulente del suono e, per un effetto inquietante e viscerale, modifica in modo innaturale i versi degli uccelli, mentre Remi Gassmann e Oskar Sala approntano un tappeto di effetti elettronici ottenuti con il Trautonium. L’animatore della Disney Ub Iwerks, co-protagonista di una lunga postproduzione (quasi un anno, mettendoci anche il montaggio), insieme agli incaricati degli effetti ottici si occupa degli effetti visivi applicati ai fotogrammi che combinano uccelli ammaestrati e (in misura minore) meccanici. Se l’ambiguo finale può lasciare delusi, rientra anche nella visione di un’opera che resta la più enigmatica nella filmografia del regista, come intenzionato a mettere in scena il preludio alla fine del mondo, oppure solo a dare libero sfogo al proprio sadismo (ne sa qualcosa la nuova “scoperta” del regista, Tippi Hedren, che pare ne abbia subite di tutti i colori per rendere efficace la sua prova).