Commedia, Recensione

NON CI RESTA CHE PIANGERE

TRAMA

Il bidello Mario e il maestro elementare Saverio si fermano a dormire in una locanda e si svegliano nel 1492: Mario s’innamora di Pia, Saverio vorrebbe fermare Cristoforo Colombo, entrambi danno suggerimenti a Leonardo Da Vinci.

RECENSIONI

Il Ritorno al Futuro della commedia italiana unisce due talenti comici con modi agli antipodi che, insieme, funzionano alla grande: l’esagitato buffonesco toscanaccio e il bofonchiante introverso napoletano. L’idea iniziale era quella di replicare l’accoppiata vincente Totò/Eduardo De Filippo (si cita anche la lettera di Totò, Peppino e la…malafemmina, scrivendo però a Girolamo Savonarola) ma, complice anche l’improvvisazione sulla sceneggiatura scritta con Giuseppe Bertolucci, il risultato è inedito e unico, facendo Storia e Commedia dell’Arte, recuperando usi, costumi, linguaggio e personaggi atavici. Strepitose alcune trovate in questa fantomatica Frittole del Lucchese, per scene entrate di diritto nell’empireo della risata creativa: la gag della tassa del fiorino, il personaggio di Amanda Sandrelli che ripete le parole fino ad aspirarle e le interazioni con il Leonardo Da Vinci di Paolo Bonacelli che, dopo vani tentativi di trasmissione del sapere, finiscono con le carte di scopa. Semmai, il modus operandi di entrambi i comici ha lasciato nel montato qualche passaggio monco, estemporaneo e poco convinto/convincente di troppo (in dosi maggiori nella versione televisiva, più lunga di 40’, con estensione del personaggio di Atriaha interpretato da Iris Peynado): si divertono, folleggiano, creano e in questo sono contagiosi, ma dimenticano di dare “forma” più compiuta all’opera. I due condividono anche la direzione del film, sebbene Massimo Troisi abbia affermato che, per pigrizia del compare, sulla sedia da regista ci fosse quasi sempre lui.