TRAMA
Qassem è un ragazzino ribelle che a scuola va malissimo e che viene spesso rimproverato dai genitori. Ha una sola passione, il calcio, e fa di tutto per andare a vedere la nazionale a Teheran.
RECENSIONI
Esordio nel lungometraggio di finzione per Abbas Kiarostami, in cui cura più che in seguito la forma (i punti d’inquadratura, le prospettive del montaggio) ma si pone da subito sotto il nume tutelare del neorealismo di Vittorio De Sica (è il primo film iraniano in presa diretta: bianco e nero, esterni e verità delle immagini, delle espressioni, dei moti umani), di Ladri di Biciclette (una piccola storia straziante, potentemente emotiva) e di Truffaut (protagonista l’infanzia ribelle, in conflitto fra regole degli adulti e sogni propri). Direttore educativo della cinematografia per l’infanzia, Kiarostami pone a confronto il rigido ’legiferare’ degli insegnanti, dei genitori, dei sensi di colpa (gli incubi del piccolo Qassem allo stadio) e il desiderio-passione senza limiti di un’anima giovane, incurante delle conseguenze dei propri comportamenti scorretti, leitmotiv del successivo capolavoro Close Up (che sostituirà il calcio con il cinema). L’apologo è più complesso di quel che sembra, muovendosi fra gli estremi di una lezione edificante (le cattive azioni non pagano) e di un amore totalizzante per il suo protagonista, qualunque gesto compia. Con l’elaborato sistema per tenere all’oscuro degli effetti desiderati i suoi attori non professionisti, Kiarostami ottiene risultati strabilianti, restituendo universi di sentire genuino, sapendo come scrutare un volto e una gamma di espressioni. Indimenticabili il pianto di Qassem quando gli vengono bacchettate le mani, l’idea delle ’foto false’ con una sequela straordinaria di volti di bambini, tutto il modo in cui Kiarostami volge in sguardo affettuoso il comportamento a volte terribile, strafottente e furbetto di Qassem.
