TRAMA
Il diavolo Roarke cerca il figlio avuto da una donna con cui ha stretto un patto. Un monaco francese convince il rider di Johnny Blaze, in cambio della libertà dalla sua maledizione, ad aiutare madre e figlio a sfuggirgli.
RECENSIONI
Reboot del Ghost Rider di Mark Steven Johnson (qui produttore esecutivo) affidato alle mani ed al cinema senz’altro personale dei terribili (nel senso di terroristi di genere) Mark Neveldine e Brian Taylor. L’idea, sulla carta, è buona: reinventare il personaggio della Marvel (e del film precedente) con fare più folle ed incontrollabile, “satanico”; gettarsi a capofitto in un puro horror girato, però, con gli stilemi iperbolici e frenetici del duo registico; rinunciare alla (troppa) commedia dell’opera di Johnson per abbracciare azione e thriller d’inseguimento. Niente, però, va a segno: il soggetto di David S. Goyer (capace di sfornare creature notevoli come Batman Begins e boiate grossolane come Jumper) è banale, basico, trito e ritrito, cambia le carte in tavola per riproporre l’anticristo, il sacrificio del bambino da salvare e la lotta fra demoni. Ai registi, del resto, non interessano personaggi, motivazioni ad agire, psicologie: quel che conta è l’azione-azione-azione, con l’erronea convinzione che sia l’unica a poter valorizzare il 3D. Noia per accumulo: un’ora e mezza di inseguimenti, con il bambino-fagotto che cambia portatore ogni mezz’ora. Ma è estetico l’inghippo maggiore: girano (in Romania) con una camera Red One MX e look da guerriglia urbana (livida fotografia da raggi infrarossi notturni), con il miraggio del realismo (azione rigorosamente dal vivo, molti stuntmen e pochi effetti speciali) in cui rendere strabilianti le apparizioni “di fuoco” del Rider (attraente il nuovo design del suo teschio bruciante). Il risultato, invece, sa paradossalmente di finto, perché stride con l’immaginario horror-cattolico condiviso, con le location fra castelli e monaci eremiti, con il continuo evocare dio-angeli-diavolo: un’originalità in cui nessuna scena o parola proferita è credibile, complice un plot poco coinvolgente e personaggi inesistenti, che confermano la bassa caratura drammaturgica del duo, già impegnato a mal adattare un altro supereroe, Jonah Hex. Un pregio aver rinunciato alla commedia: peccato che i registi la facciano rientrare dalla porta di servizio, con la ricerca continua della ripresa-giocattolo, fra insert fumettistici, camera mobile e battute ironiche gratuite. Nicolas Cage non riesce mai ad essere convincente nel ruolo dell’anima dannata tormentata o di quella epica che vorrebbe terrorizzare.