TRAMA
Ormai anziano, Billy the Kid prende contatto con un avvocato per ottenere il perdono per i suoi crimini. Gli racconta dei tempi in cui la nella sua banda c’era anche Pat Garrett.
RECENSIONI
Lo sceneggiatore John Fusco, basandosi anche su fatti documentati, riscrive le pagine mitiche di Pat Garrett e Billy the Kid, inciampando però sul più bello, in un finale poco esaustivo. Dal canto suo, Geoff Murphy prende Sam Peckinpah anche come modello estetico, facendosi più male che bene. Gli autori di Young Guns hanno avuto però il merito di ridare linfa al genere western nei suoi connotati più popolari, di mero divertissement, in un periodo in cui Hollywood lo affrontava solo in modo impegnato, “griffato” o post-moderno, rivisitato e stravolto, come a vestire in modo splendente e celebrativo un cadavere. Il target di pubblico si specchia nei giovani “ribelli di frontiera”, simpatici impudenti contro il Sistema, e in una musica che si appropria di batteria elettronica, sintetizzatori e Bon Jovi (gran pezzo “Blaze of Glory”). Fatta la tara delle “arie” che non gli riescono (dai riferimenti cinefili ai toni leggendari-epici, dalla potenza figurativa alle implicazioni psicologiche-esistenziali), i suoi movimentati 103 minuti si godono senza sosta. Nel cambio di regia (Geoff Murphy al posto di Christopher Cain) si guadagna solidità dell’insieme e si perde nel dettaglio (Cain regalava scene di gran impatto). Gli interpreti: Emilio Estevez non dissuade ancora, ma è un piacere ritrovare tipi tosti come William Petersen, James Coburn e Scott Wilson.
