Recensione, Streaming, Thriller

X – A SEXY HORROR STORY

Titolo OriginaleX
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2021
Genere
Durata105’
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Nel 1979, una troupe cinematografica tenta di realizzare un film porno nelle zone rurali del Texas. Tuttavia, quando i proprietari di casa li catturano, devono combattere per sopravvivere.

RECENSIONI

L’horror è il genere che più di tutti si serve delle dinamiche della paura e dell’inquietudine per saggiare e tratteggiare le perturbazioni emotive, psicologiche, esistenziali e le implicazioni sociali, storiche, politiche della società. X: A Sexy Horror Story di Ti West è un horror adulto e citazionista, capace di omaggiare cult e capolavori del passato - Quel Motel vicino alla Palude, Psyco, Shining, Non aprite quella porta - senza mai perdere un grammo della sua personalità. L’anno domini è il 1979. L’America continua ad essere lacerata e divisa. Il fronte giovanile già da un decennio ha dichiarato guerra - attraverso l’arte, la musica, l’amore libero - ai ‘padri’ e alla famiglia (intesa perlopiù come luogo di privazione e sopraffazione). La guerra in Vietnam ha strappato la vita a migliaia di soldati e obbligato i reduci a fare i conti con i loro fantasmi. I giovani filmmaker della scena indipendente e underground tentano di affermarsi nel mondo del cinema con le loro idee rivoluzionarie e, non di rado, infuocate e trasgressive. I generi più invisi - il porno e l’horror - partivano dal presupposto che il corpo fosse il ‘luogo’ su cui far vivere qualunque tipo di esperienza performante, da quella sessuale a quella angosciosa. Ti West parte da qui. Dall’idea metacinematografica su un gruppo di giovani ragazzi e ragazze che si trasferisce in una fattoria isolata per girare un film pornografico/artistico/avanguardistico alla maniera della Nouvelle Vague. I vicini di casa, una coppia di anziani ambigui e inquietanti, darà il via ad una notte di sangue e terrore. Ti West lavora sui temi dell’attrazione e della repulsione, della frustrazione (sessuale e generazionale), del fanatismo religioso che intercetta il male nelle istanze ribellistiche e rivoluzionarie sessantottine. Il falso mito del sogno americano - infranto, abortito, mai compiuto - viene fatto a pezzi e disintegrato. Pearl, la vecchia signora, sembra bramare antichi e mai sopiti desideri di concupiscenza, rispecchiandosi nella conturbante Maxine - determinata a sfondare nel cinema a luci rosse e a diventare una diva. Il rapporto tra le due donne (interpretate dalla medesima attrice, Mia Goth) è quasi ancestrale. Pearl la desidera. Essere lei, più che altro. Avere le sue possibilità, il suo tempo, la sua giovinezza. Quella di Ti West è un’America rancorosa e marcia, abbandonata a sé stessa e tradita. Dentro la quale duellano, darwinianamente, per il controllo e la sopravvivenza della “specie”, vecchie e nuove generazioni. West sporca la scena, la rende pastosa e sgranata come nei film anni ‘70, crea atmosfere tese e malate, si abbandona ai campi lunghi, opta per un vitalissimo montaggio alternato, e filma con ardore e sensualità la natura selvaggia della campagna. L’incipit, che mostra la scena del crimine in 4:3, con i cadaveri sul selciato e il sangue rappreso ed essiccato dal sole, per poi allargarsi con la camera che lenta si avvicina e apre il film (e lo sguardo) al formato in 16:9, è puro godimento cinefilo. Estasi che solo il cinema, al cinema, riesce ancora a produrre.