Horror, Recensione

THE WOMAN

Titolo OriginaleThe Woman
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2011
Genere
Durata101’

TRAMA

Chris Cleek, rispettabile funzionario, cattura e incatena in cantina una donna cresciuta selvaggia, per “civilizzarla”. A casa comanda tutti a bacchetta: la moglie che lo teme, la figlia che ha probabilmente violentato, il figlio che segue le sue orme.

RECENSIONI

Lucky McKee si prende una rivincita sul precedente Red (2008), tratto da Jack Ketchum, da cui fu estromesso: non solo coinvolge lo scrittore nell’adattamento di un altro suo romanzo (2010), ma esce al cinema prima della sua pubblicazione. Sulla carta è il seguito di Offspring (protagonista un clan di cannibali), tradotto su grande schermo nel 2009 da Andrew van den Houten (e parecchio disturbante), ma McKee non vuole riallacciarsi né al film né al libro. Ketchum ama sondare l’orrore nella normalità e ha in comune, con il regista, l’inorridire dinanzi ai veri mostri, a confronto con freaks che lo sono solo di aspetto e/o non per libera scelta. Il titolo “universale” (il “the”) non è casuale: l’opera si trasforma in pamphlet, anche troppo scoperto, contro il maschilismo del padre padrone, quello che usa la rispettabilità come facciata per sottomettere la donna prescelta. Tema che diventa evidente con il colpo di scena finale, dove compare un’altra donna-mostro che Chris Cleek non s’è mai sognato di “civilizzare”, mentre la bravura di McKee è stata quella di far capire le reali intenzioni dell’uomo, all’inizio, con una semplice proiezione mentale, in cui vede la ragazza selvaggia, benché vestita, ancora nuda. Quando s’addentra del tutto nell’universo dei “diversi”, nella loro ambigua psiche da mettere a confronto con una “normalità” più agghiacciante, McKee dà il meglio di sé: a contatto con il materiale di Ketchum, più concentrato sull’orrore dei “normali”, le potenzialità della sua poetica grottesca scemano, sia per invenzioni drammaturgiche, sia per registro ironico, laddove non può sbizzarrirsi con le stranezze dei suoi simpatici (fino ad un certo punto) mostri. Per nostra fortuna, il crescendo dell’orrore è potente: dopo questa partenza su coordinate risapute, con il personaggio di Sean Bridgers che, per quanto aberrante, pare macchiettistico, il regista non fa sconti e serve su un piatto d’argento una vera e propria mattanza agghiacciante. Si perde in “messaggio” e si guadagna in puro splatter di genere.