Drammatico, Recensione

WILL HUNTING

Titolo OriginaleGood Will Hunting
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1997
Durata122'

TRAMA

Il giovane Will Hunting è un genio della matematica ma si nasconde dietro a un lavoro da bidello al Massachussets Institute of Technology, fino a quando non viene “smascherato” dal professor Lambeau che…

RECENSIONI

Il riconoscimento di una perfezione”, questo è il sottile piacere che il grande Bazin riservava alla seconda visione di un bel film. Stranamente lo stesso, sottile piacere che suscita invece la prima visione di Good Will Hunting: perfetta la regia di un Van Sant riconciliato che si mette al servizio di una storia fuori (ma quanto, poi?) dalle sue corde, perfetto Robin Williams nel suo solito, unico ruolo mai e mai più così “unico”, perfetti Damon e Affleck che credono fino in fondo (e si vede) in quello che hanno scritto, perfetto quello che hanno scritto. Good Will Hunting è infatti anche, e soprattutto, un miracolo di scrittura, la perfetta traduzione in pellicola di una sceneggiatura solo apparentemente leggera ed hollywoodianamente edificante ma che invece tocca, quasi en passant, inattese profondità d’analisi psicologica ed emotiva e si dimostra capace, dunque, di “stratificarsi” e di rendersi leggibile e fruibile a diversi livelli di consapevolezza spettatoriale (come tutto il film in tutte le sue componenti, del resto). Per inciso, davanti alle peripezie del genio ribelle Will si versano pure delle lacrime, anch’esse figlie anche di quel sottile, baziniano piacere. Ciliegina sulla torta: la voce di Elliott Smith che fa capolino nei momenti giusti dispensando Incanto con quella sua unica, prepotente timidezza...

Il sapere non è esperienza, il genio non è intelligenza, una laurea non ti salva dalla banalità. Ne sa qualcosa Gus Van Sant che, "in cerca della buona volontà" (il doppio senso del titolo originale: Will Hunting è anche il nome del protagonista), dalle prime opere sperimentali dove non rinunciava alle tracce di genere è passato a sperimentare il genere: ne giova la pellicola scritta dai due giovani protagonisti (Damon & Affleck, amici d’infanzia), un sagace concentrato di situazioni "classiche" volte a muovere e commuovere. C'è di tutto: Cenerentola (per dirne una: dalle stalle alle stelle, la soluzione matematica è come la scarpetta in cerca di padrone), Pigmalione, L'Attimo Fuggente (Williams o non Williams), l'amore interclassista, Il Mio Piccolo Genio, Il Ragazzo Selvaggio, Belli e Dannati, la psicanalisi catartica, il romanzo di formazione, il gioco di specchi (la vecchia e la nuova coppia di amici, la terapia vicendevole Williams/Damon). L'unica scheggia impazzita (a parte una rissa filmata al rallentatore e con il commento sonoro in eco) è l'insolito personaggio di Will Hunting: geniale, strafottente, mite, brutale, impaurito, letale. Con la dialettica ed una sorprendente capacità di analisi demolisce il proprio interlocutore, lo legge come un libro aperto, trova il punto debole e colpisce impietoso. Ma non conosce l'amore, la fiducia, le piccole debolezze. Ci sono almeno due sequenze potenti e toccanti: il litigio con la ragazza e lo sfogo finale con Robin Williams. I violini sottolineano in modo ridondante il melodramma ma Van Sant palpeggia il cuore dello spettatore anche contro la volontà del suo scheletro, travestito da semplice muratore delle nostre "sovrastrutture" e da psicologo che vuole sbloccare il proprio paziente. Salva il proprio percorso autorale (i temi sono sempre gli stessi: la gioventù deviata, il passaggio alla maturità, i conflitti generazionali: tutto in forma di favola) e ben maschera la furbizia di uno script efficace. Non mancano (e non se ne sentiva la mancanza) la satira politica (il colloquio in cui Damon demolisce la politica estera statunitense) e lo sprazzo più surreale (Affleck impostore al colloquio di lavoro).