TRAMA
Quattro ragazze adolescenti abitano nello stesso stabile. Dalle finestre delle loro case osservano degli operai arabi che stanno costruendo una moschea.
RECENSIONI
Quattro ragazze in un interno. Bonello persegue le attitudini de L'Apollonide: decide di sospendere l'andamento narrativo del racconto per concentrarsi ancora una volta sul dettaglio, sulla circostanza, sulla sfumatura pornografica. La vita privata, le abitudini delle protagoniste rivelate attraverso lo split-screen (dalla lettura di riviste femminili all'inevitabile scrittura di sms, passando per l'ascolto di Pete Doherty) sembrano diventare mezzo per una ricerca sociologica più che per la mostrazione aneddotica, servono da brandelli, da ritagli per la costruzione di un archivio senza essere imprigionati in una struttura, in un'ossatura predeterminata che a Bonello sembra ancora una volta non interessare. Le ragazze percorrono gli spazi della casa, scoprono il proprio corpo, lo manipolano ma non riescono a uscire, a scoprire l'esterno, a liberarsi dalle quattro mura in cui sono imprigionate. E così, lo spazio e il tempo si cristallizza nello svago serale, nella distrazione alcoolica incapace di offrire loro la possibilità di comprendere l'esistenza tangibile, il mutamento, l'innovazione. Anche la costruzione della moschea prende vita solo dietro i contorni della finestra, celata dalle travi, occultata dalle sue stesse impalcature. Bonello coglie perfettamente l'essenza del tempo presente, scava all'interno di quattro esistenze, mette in forma meccanismi desiderali che preferiscono la caducità di un bacio alla presa di coscienza.
