TRAMA
Il suo The Story of Film è appena passato nelle sale italiane. Dopo i 6 anni occorsi alla realizzazione di quest’opera monumentale e divertentissima, il caso porta Mark Cousins a fermarsi 3 giorni a Città del Messico dove nasce un diario poetico in bilico fra fantasia e realtà.
RECENSIONI
Da un personale cinema d’archivio - la monumentale operazione The Story of Film, 15 ore di eccentrica e leggiadra didattica sull’immagine in movimento - a un cinema personale e portatile, pagine digitali, de poche, di un diario di viaggio (lungo 3 giorni) in Messico. Cinema ombelicale e autoindulgente, a cuore aperto e aperto a ogni possibile attacco, nudo: l’atto di riprendersi, movimento narcistico tipico del contemporaneo, è un gesto celebrativo e, insieme, di spogliazione. L’immagine è la tracca audiovisiva lasciata dal dialogo tra occhio e mano, la narrazione è il percorso fisico e intellettuale del regista. Corpo a corpo, mente a mente. L’orizzonte culturale (teso tra cinema e poesia, sociologia e storia) di Cousins e le sue dinamiche di pensiero sono i confini del film. E questo, ovviamente, è un atto di coraggio pubblico sfrontato, che svia in un’ipotesi folle di fiction lisergica che discetta di mistica e animismo, in un detour che conserva un tono da cultura alta applicata a uno scazzo mondano e feriale. Semplicemente: l'esemplare (geniale) di cinema diaristico più divertente e accessibile che abbia mai visto.
