TRAMA
RECENSIONI
Che il cinema iraniano fosse in crisi e vivesse di rendita da almeno cinque anni lo sapevamo tutti. Che le giurie si lasciassero ancora irretire dalla suddetta esangue cinematografia proprio no. Lontano tanto dagli estetismi e patetismi dell’ultimo Makhmalbaf che dal naturalismo poetico di un Kiarostami, gli autori di Stiamo tutti bene abbinano pellicola e digitale (o forse ancora analogico, comunque video) nella maniera più ovvia possibile. L’assenza di stile e la monotonia dell’impianto narrativo – ogni membro della famiglia deve inviare un videomessaggio al figlio maggiore fuggitivo: tutti regolarmente piangono dopo cinque secondi e in colonna sonora irrompe una mielosa melodia al pianoforte… – rendono l’opera adatta ad un prime time televisivo, non ad un concorso di festival internazionale di cinema.
