TRAMA
RECENSIONI
Autore tra i più poliedrici e complessi del cinema europeo degli ultimi trent'anni, Assayas, finissimo pensatore del(le possibilità del)l'immagine e della messa in scena della Storia, capace di muoversi con intelligenza all'interno di narrazioni che, anche quando flirtano con il genere, finiscono sempre per teorizzarlo. Spesso sorprende, Assayas, come quando nel 2018, nel notevole Il gioco delle coppie (riportiamo per decenza anche il titolo originale, Doubles Vies, e ricordiamo per curiosità quello internazionale, Non-Fiction) raccoglie tante delle urgenze (il doppio, la tecnologia, la virtualità del presente, l'altro da sé) indagate nei due precedenti drammi a tinte thriller, Sils Maria e Personal Shopper (ma anche, giusto per tornare indietro di qualche anno, in Demonlover o Irma Vep) e le rielabora attraverso la commedia, rimescolando ancora una volta le carte in tavola e osservando quello stesso presente da un'altra prospettiva, differente, eppure complementare.
Wasp Network invece non ha la minima intenzione di sorprendere: trattasi infatti di un lavoro su commissione in cui le coordinate sono chiare fin da subito e non possono che essere vicine a quelle di Carlos, straordinaria miniserie con cui Assayas nel 2010 ha raccontato le vicende del terrorista venezuelano Ilich Ramírez Sánchez. A scanso di equivoci, torna perfino il riconoscibilissimo volto di Édgar Ramírez e torna il tentativo di ricostruire la frammentarietà della Storia e la complessità dell'individuo attraverso una narrazione incalzante che si affida ai codici del thriller politico; un mondo dove l'uomo è allo stesso tempo artefice del proprio destino e vittima di quel vortice rapsodico che è la Storia, per la quale si è costretti a sacrificare gli affetti più cari (l'Agire, politico, patriottico o di comodo, è sempre anteposto alle relazioni) e alla quale si finisce inevitabilmente per pagare un caro prezzo.
A mancare però è il tempo, di questa narrazione. Carlos infatti si dipanava in oltre cinque ore e mezza di durata e, nonostante un ritmo martellante, si prendeva tutto il tempo per osservare, testare, scandagliare le diverse anime del protagonista, in tutte le sue sfaccettature e ambiguità (riprendiamo Baratti: «L'Ilich Ramirez Sanchez […] sbozzato da Assayas si dibatte tra gloria etica e vanità mediatica, tra l'agire in modo conforme alla propria coscienza e il concedersi agli ammiratori con pose da star rivoluzionaria»); una complessità che tra l'altro veniva valorizzata dalla struttura episodica: «Ilich è uno e multiplo come i suoi pseudonimi […]. Ed è proprio l'avvicendarsi delle maschere a svelare la sua proteiforme identità: in parte rivoluzionario (episodio 1), in parte celebrità (episodio 2) e in parte mercenario (episodio 3)» (ancora Baratti). Wasp Network, almeno nelle intenzioni, sembra voler comprimere in sole due ore questa stessa frammentarietà, moltiplicando le vicende e i punti di vista e cercando di mettere in luce, attraverso ciascun personaggio, i diversi sentimenti (non sempre puri o patriottici) che soggiacciono alla scelta di sacrificare identità e reputazione pur di portare avanti la propria lotta. Tuttavia, se da un lato tale costruzione sembra apparentemente in grado di offrire alla narrazione un respiro ampio e articolato, dall'altro questa finisce per diventare uno scudo impenetrabile e, in questo, soffocante.
Rispetto a Carlos (ma rispetto a qualsiasi altro film del regista) manca infatti quella riflessione sulle immagini cui si accennava in apertura. Lo si dica senza timori e pregiudizi: Wasp Network a tratti sembra sposare la forma della telenovela, e a conti fatti finisce per essere un film di racconto e superficie, narrato in modo sì cristallino e competente, eppure incapace di trovare una significativa profondità nelle due ore che gli sono concesse. L'idealismo e il romanticismo (in senso lato), così come le criticità morali e qualsiasi altro sentimento veicolato dalle azioni dei personaggi, appartengono questa volta più alle dinamiche del racconto che alle possibilità investigative delle immagini. E che un film di Assayas sia anche, ma non soprattutto, una questione di sguardo è certamente una notizia.
Occorre dunque bollare Wasp Network con il titolo di "film sbagliato", o quantomeno poco riuscito? Forse sì. Di un maestro, però.
