TRAMA
Un ragazzo incontra molta gente strana che fa strane cose. E’ un sogno?
RECENSIONI
Definire film questa sorta di fantasia (speriamo davvero finale, cioè l’ultima della sua specie mortale) imperniata sul decotto motivo della vita come sogno (e viceversa) è un complimento che vorremmo evitare. Per novantasette interminabili minuti sembra di essere soggetti ad una maledizione a sfondo scolastico, che intrappola i malcapitati spettatori in un maldestro riassunto di filosofia estetica e morale novecentesca. La supponenza con cui la “sceneggiatura” mescola esistenzialismo, onirismo, cinefilia pedante come nel più piatto dei manuali di citazioni, psicodramma e predicozzo autoassolutorio (il messaggio, chiarissimo, è "lo script non è tutto") lascia sbalorditi (per usare un eufemismo), ma la (pretesa) poesia del pamphlet non cancella la tremenda sensazione di avere buttato un’ora e mezza del proprio tempo. L’unico motivo d’interesse dell’intera operazione risiede nella maniera in cui è stato realizzato: dopo la registrazione delle diverse scene con attori in carne ed ossa (tra cui Ethan Hawke, Julie Delpy, Steven Soderbergh ed una caterva d’altri personaggi più o meno celebri), la pellicola è stata colorata al computer, in modo tale da ottenere un’animazione “reale” e allo stesso tempo astratta, fatta di segmenti cromatici “puri” e fluttuanti, a rendere l’atmosfera lucida ed allucinata di un sogno non del tutto… tale. I risultati, esteticamente parlando, sono accettabili, anche se l’effetto “macchina a mano” vellica lo stomaco in maniera preoccupante. Per sperimentare questa nuova tecnica (a ben pensarci, siamo sicuri che sia nuova? ci sono fotogrammi con sovrapposizioni di colore in “Rapacità”, e Von Stroheim non è esattamente un autore dell’ultima generazione, per sua fortuna) sarebbe bastato un cortometraggio di pochi minuti, magari muto.
In "Prima dell'alba" Richard Linklater ci ha trasportato a Vienna nell'incontro casuale tra un ragazzo americano e una ragazza francese che, da perfetti sconosciuti, nel giro di ventiquattro ore diventano prima amici e poi amanti. In "Waking life" il regista riprende, in una delle brevi sequenze in cui il film è ripartito, gli stessi attori (Ethan Hawke e Julie Delpy) persi in una filosofica discussione sullo scorrere del tempo e la reincarnazione. In apparenza i due film sono molto diversi, perché "Prima dell'alba" inserisce il continuo e libero confronto tra i due protagonisti in una storia che permette immedesimazione e complicità con i personaggi. In "Waking life", invece, gli incontri di un giovane con tanti loquaci personaggi sembrano succedersi senza una logica particolare in grado di contenerli e all'inizio la sensazione è di totale spaesamento. Sembra di dovere subire la summa del Linklater pensiero suddivisa in siparietti. Se però si ha la pazienza di superare la prima ostica parte, con graduale progressione si entra in una dimensione onirica che, anziché spiazzare ulteriormente, chiarisce la sofisticata linea narrativa. E alla confusione si sostituisce la poesia e una sensazione di chiarezza che appaga e, al contempo, inquieta e rasserena. Ecco quindi che le tante teorie ascoltati sul destino dell'uomo, il caos, la comunicazione, il fluire del tempo, il sogno, l'universo, diventano non più gratuiti, ma necessari e illuminanti. Come anche la forma utilizzata per esprimerli - film girato con attori trasformato attraverso un software specifico in cartone animato - che da vezzo d'autore diventa efficace espediente visivo per rendere la natura onirica del progetto. Del resto, come scoprono i due bambini che giocano nella prima sequenza, "il sogno è destino".