Drammatico, Recensione

VITAL

NazioneGiappone
Anno Produzione2004
Durata86'

TRAMA

Hiroshi è uno studente di medicina chiamato all’esercitazione su un cadavere; presto scopre che il corpo appartiene alla sua donna, morta in un incidente stradale dove egli ha perso la memoria. Mentre la giovane Ikumi si innamora di lui comincia lentamente a ricordare…

RECENSIONI

Autopsia di un amore

Un uomo e una donna. Bisturi. L’interno metallico di un obitorio. Incisione. L’estetica della devianza di Tsukamoto trova, in quest’ultima opera, ricomposizione solo apparente: in realtà, pur rinunciando al b/n obliquo e crepuscolare, il nostro si conferma estremo e coraggioso, sinceramente conturbante, con una nota di profonda perversione. VITAL punta forte sulla necrofilia ed inscena un ménage a trois dai risvolti disturbanti: lui, il cadavere, l’altra. Dopo aver assorbito l’espediente narrativo dell’amnesia, Hiroshi riscopre nei confronti della sua donna un sentimento postmortem: è l’innesco di una rivalità impari, segnata a sangue da una vena masochista che culmina nella sequenza in cui Ikumi implora di essere strangolata per giocare “ad armi pari” con la rivale. Nel frattempo il racconto deraglia su un doppio binario narrativo: l’alienazione di Hiroshi si fa sempre più totale ed emarginante, svanisce l’amore spirituale in favore di quello terreno (il corpo è oggetto, feticcio da possedere) mentre bagliori di ricordo –un tatuaggio come  bocciolo di memorie- trasportano gli amanti in un paesaggio edenico. Un incanto stuprato dal mero quotidiano, quando si avvicina la fine del corso profilandosi il confronto del protagonista con la vita vera; nel frattempo egli si accanisce sulla materia da obitorio, lanciandosi nell’ispezione autoptica al millimetro (splendide le tavole anatomiche) alla vana ricerca dell’anima. Il soffio è dissolto per sempre, si avvicina la toccante epifania, l’istante in cui si realizza la propria impossibilità di amare (ancora). Ritroviamo uno Tsukamoto inedito e crudelmente sentimentale ma allo stesso tempo chirurgico e visionario come sempre (studiatamente asettica la fotografia), che pone l’ennesimo fascinoso tassello nel cinema del corpo; la trasformazione di TETSUO è qui sopita e ripresa nell’istante dopo la dipartita, all’incontrario, ma non per questo meno disturbante. Svolte narrative di autentica psicopatia (il rapporto tra Hiroshi ed il padre della vittima), ricostruzione claustrofobica al massimo, uscita maiuscola di Tadanobu Asano, la solita incisiva brevità; chi l’ha già chiamato il film normale di Tsukamoto non incontra il favore del sottoscritto, la Follia dei gesti e dei sensi è più che mai dirompente. Nonostante sia una storia d’amore.

Autopsia di un amore (2)

Piove ancora a Tsukamoto City, ma questa volta c'è spazio anche per un raggio di sole. Con il passare del tempo il regista nipponico, autore del cult "Tetsuo", ha ammorbidito le estremità del suo originale punto di vista, non perdendo però lo sguardo visionario con cui continua a riflettere le pulsioni dell'animo umano. In "Vital", dopo un inizio che lascia presagire il consueto cocktail di delirio e turbamenti, si abbandona a una storia d'amore, in fondo classica nonostante l'eccentricità della coppia: lui è uno studente in medicina che ha perso la memoria e si accinge a vivisezionare il corpo dell'amata, morta in un incidente d'auto. Il contatto con la carne e le viscere (questa volta niente acciaio) gli permetterà di dare ordine ai ricordi e di ricostruire la complicità di un intenso rapporto affettivo. Sempre molto curato a livello visivo, con una fotografia che alterna dominanti blu a una luce dorata, il film gode di una sceneggiatura più equilibrata rispetto agli standard del regista e, nonostante qualche lungaggine e l'inevitabile pesantezza, dimostra che la vena creativa di Tsukamoto non si è ancora esaurita. È solo maturata. Il rischio più immediato è la perdita dei fan storici, alla continua ricerca di dettagli morbosi, ma ben venga un autore fedele al suo stile eppure capace di rinnovarsi.