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VIDEO DELL’ANNO 2021 – LA TOP 20

A seguire la top 20 dell’anno e tutti i consueti addentellati (artista, regista etc) e chiusura su lunghissimi titoli di coda.
Buona lettura, buona visione.

# 20
Bad Habits (Ed Sheeran)
Diretto da Dave Meyers

Che non si dica che mi faccio guidare dai pregiudizi: Dave Meyers non sarà mai la mia tazza di tè, ma gli riconoscerò sempre il talento, le idee e uno stile personale (che trovo detestabile), una cifra originale, riconoscibilmente eccessiva e massimalista (ma indiscutibilmente contemporanea) che è riuscita a fare scuola. Da quella che sembra una factory, stante il numero di promo sfornati ogni anno, scaturisce sempre un lavoro che spicca sugli altri e lascia il segno. Quest’anno è senz’altro il vampiro Ed Sheeran, in questo colorato, notturno, sfrenatissimo video in cui (come sempre, più che mai) il VFX impazza, ma anche la voglia di giocare, creare quadri orgiastici e suggestivi e condurre la star su terreni inaspettati. Bravo.

#19
(Fast) Motion (Saweetie)
diretto da James Larese


Joseph Kahn la smetterà di lamentarsi del fatto che nessuno copia il suo stile. Qui una sequenza irresistibile di set e situazioni che combinano tv, cinema, videogiochi, citazionismo pop in generale. Il tratto è più tamarro di quello del Maestro, ma la resa finale è molto buona in termini di performance artistica, aderenza delle immagini al brano e godibilità complessiva.

#18
Ultramarine (Wesley Joseph)
diretto da Wesley Joseph

In un tempo in cui l’artista si autodirige con molta più frequenza che in passato, un video come questo spicca nella categoria per la maturità dello stile, il linguaggio suggestivo, la consapevolezza con la quale gioca didascalicamente sulle cromie. È molto facile individuare ascendenze e motivi, sia a livello di atmosfere che di ambientazione (l’onirismo detta il mood), ma a questi elementi riconoscibili si associa una fantasiosità di soluzioni e un’aderenza felice a una delle mie tracce preferite dell’anno.
Che Joseph ci sappia davvero fare e che questo video non sia un caso lo dice anche questo Patience e tutti gli altri suoi video, sempre autodiretti.

#17
All My Favorite Songs (Weezer)
diretto da Colin Read

A Colin Read si devono bellissimi commercial e clip per Radiohead, Battles e Glass Animals (il quarantine video diretto in remoto per il quale il regista ha inviato al leader Dave Bailey strumenti e istruzioni per assemblare in casa il set). In All My Favorite Songs il rapporto tra realtà e web è riletto in una chiave vintage che vuole lo smartphone uno strumento di disturbo e di connessione insana. Un adolescente conosce in chat una ragazza e l’incontro online si trasforma in un’esperienza visionaria che, di schermata in schermata, conduce i due fino allo studio di registrazione dei Weezer. Read, agli effetti speciali, preferisce illusionismi visivi “in camera”, che giocano con allargamenti di inquadratura, scenografie mobili e giochi di prospettive. Il risultato è incantevole e nasce, dichiara il regista, dalla volontà di fare un video vecchio stile in cui poter ricordare l’epoca in cui le possibilità della rete le si scopriva seduti al pc di famiglia.
Dal regista anche Wildfire di Cautious Clay che, sempre sull’onda della tradizione, gioca sull’unico set (un divano e un televisore) e sulla variazione delle susseguenti situazioni.


#16

Step-Grandma (Salvatore Ganacci)
diretto da Vedran Rupic


Quello con il sodalizio Ganacci-Rupic sta diventando un appuntamento annuale irrinunciabile. Da un lato la forza del personaggio Ganacci, una maschera (sorta di supereroe disadattato) che si ripropone uguale/diversa in ogni clip, dall’altra parte un mondo, quello creatogli attorno da Rupic, che ha un nitore veristico smentito da dettagli aumentati che lo pongono in una terra di mezzo tra iper e surrealtà. A questo si aggiunga l’approccio “seriamente” demenziale delle narrazioni prescelte, appassionanti nella loro assurdità, di umorismo paradossale e al contempo intellettualmente raffinato. Una mistura esplosiva che funziona alla perfezione anche in quest’ultimo lavoro che gioca con un immaginario favolistico (Cappuccetto rosso, Hansel e Gretel) e implicitamente disneyano, ma come potrebbe usarlo un Haneke in acido (sembra una considerazione senza senso, ma anche il video, felicemente, lo è). 

#15
Birthday/ The Pain (For Those I Love)
diretto da Sam Davis

Exploit tecnico in fotogrammetria di straordinario impatto, impossibile da ignorare in questa annata. Anche perché il movimento vorticoso all’interno dell’ambiente virtuale simula un viaggio mentale e si sposa con naturalezza all’atmosfera musicale e al contenuto delle liriche.

#14
Chemtrails Over The Country Club (Lara Del Rey)
diretto da BRTHR

Incontro inevitabile quello tra Lana Del Rey e il duo BRTHR: il formalismo (esasperato fino al fastidioso) del collettivo, già più volte declinato su un registro vintage, non poteva non trovare nel mondo nostalgico di Lana Del Rey una destinazione naturale. Così le atmosfere anni 50 e le cromie sirkiane in cui si immerge questo gruppo di amiche al Country Club servono a restituire un’idea di lusso ed eleganza che però, attenzione, appartiene al contemporaneo (le mascherine dicono Covid). Non semplice esercizio di stravaganza, perché il lato solare/banale serve a mostrarne il risvolto, quello dark/notturno in cui il video sorprendentemente si ribalta (le donne si trasformano in lupe mannare), assecondando un’altra delle fisse dei BRTHR, quella del cinema di genere (si veda, per tutti, questo video per The Weeknd). E riportando l’ineffabile Lana alla sua consueta narrazione che sottintende, nel suo viaggiare sul mood vecchia America, una dimensione parallela inquietante e mortuaria. 

#13
Space Ghost Coast to Coast (Glass Animals)
diretto da Max Siedentopf

Max Siedentopf era la mia videorivelazione 2019: il suo Talk, per i Two Door Cinema Club, è un gioiello, un catalogo di trucchi che si fa implicita cronistoria del videoclip; un lavoro teorico, di tecnica magistrale, la cui metatestualità non si bea di se stessa, servendo a dovere le ragioni del brano. Nel 2020 Daydreams (Easy Life) e Pour The Milk (quarantine video per Robbie Doherty) confermano la tendenza del regista a piegare il virtuosismo tecnico alle esigenze spettacolari della rappresentazione. Intanto il tedesco (di origini namibiane) s’impone come designer, scultore (varie installazioni, tra cui Toto Forever: nel deserto del Namib blocchi bianchi, con altoparlanti in cima, a rimandare in loop Africa dei Toto) e fotografo (la serie geniale, quasi dadaista, How To Survive A Deadly Global Virus diventa – giustamente – virale), mentre firma campagne Gucci (a dir poco) spiazzanti. Max è diventato un gigante, insomma. Ma ancora si diletta, da par suo, con la videomusica e per i Glass Animals, sempre sensibili alle novità nel campo, gira, durante il lockdown dell’anno scorso, questo video che piega la castrante contingenza a dispositivo caratterizzante. Così da un balcone il regista zooma su vari punti di un quartiere deserto. E mentre il leader della band Dave Bailey si esibisce, una miriade di suoi cloni (vestiti e nudi) prende possesso delle strade, come in un’assurda, danzante invasione aliena. Tra inquietudine e disagio.

#12
Too Good (Arlo Parks)
diretto da Bedroom

In una dimensione che mischia realtà e fantasia, Arlo Parks cucina la sua tristezza e la condisce col ricordo. Ma il registro è colorato e leggero, il tono è quello della rom-com visionaria che sfrutta l’unica location e la scenografia dipinta proprio perché lo spettatore non abbandoni mai l’idea che di teatro mentale si tratti. I Bedroom, un occhio a Gondry, mischiano splendidamente vignetta, tricks, simboli quotidiani, umorismo, malinconia. Un bel video anni 90, ma con le nuance dell’oggi.

#11
One By One (Diplo feat.Elderbrook & Andhim)
diretto da Stefano Ottaviano

Stefano Ottaviano, videoartista di stanza a Londra, mette in scena, attraverso un intelligente uso della grafica digitale, una visionaria rappresentazione del processo di presa di coscienza di sé e delle proprie possibilità di espressione: tecnica, fantasia e cuore fanno la differenza.


#10
Haute Définition (Vitalic)
diretto da Quentin Keriven

Come al solito la Francia non manca di donarci soddisfazioni. Qui un concetto semplicissimo che contrappone l’immobilismo voyeuristico degli internauti alla vitavera-emozionivere di chi invece il mondo decide di abitarlo sul serio. Narrazione che alterna i due piani, automatica come la perversa dipendenza dalle immagini di cui, in gradi diversi, siamo schiavi tutti.
Critico, feroce, freschissimo. 

#9
Marvin Gueye (Bamao Yendé & Le Diouck)
diretto da Vincent Catel

Racconto intimo-romantico stilizzato in portrait, come fosse un AG Rojas in trasferta, splendido lavoro su composizioni e palette, ma solo per esaltare aspetti e caratteristiche dell’ambiente e dei personaggi ritratti. Grande sensibilità nel combinare il considerevole impianto visivo all’atmosfera musicale. Catel, in forza a Iconoclast, viene dal fashion movie e si avverte dalla maestria di questo debutto nel music video.

#8
Loneliness (Birdy)
Diretto da Sophie Muller

Sophie Muller è una decana il cui videomaking ha attraversato quattro decenni con immutata classe. Archiviati i sodalizi storici (Eurythmics e Annie Lennox, Garbage e Gwen Stefani), prediligendo le artiste donne (tutte le più grandi: da Sade fino a Rihanna), ma non solo, continua a lavorare con encomiabile passione. Quest’anno butta lì, come se fosse niente, questo stupendo clip per Birdy, in cui gioca con le suggestioni visive e i malinconici sottotesti: lo fa con la forza delle immagini, traendo il meglio dalle ambientazioni, dai semplici giochi con gli oggetti (le lenzuola), da una palette densa di umori, dai semplici ma suggestivi concetti. Così il discorso sulla solitudine è tutto un gioco di riflessi e elementi primari in subbuglio. Un video che ha tutta la forza e l’intensità della tradizione.
Ancora per Birdy, più scarnificato, ma non meno suggestivo, anche questo.
Maestra.

#7
Daniel (Will Young)
diretto da WIZ

È un sodalizio quello tra Will Young e Andrew Whiston aka WIZ (a proposito di maestri) ed è interessante come abbia testimoniato in questi anni il graduale muoversi di Young da idolo pop ad artista complesso e problematico. Questa storia simbolica, su un attore teatrale in declino, è riflessione deviata su una carriera e un percorso. Ed è, al di là del taglio cinematografico e dello spessore visivo (la fotografia è di Robbie Ryan), un atto di coraggio da parte dell’artista, per il modo in cui decide di mettersi in scena, fuori dalla coolness dello star system, assecondando i toni maliconici del racconto e consegnando un’immagine di sé che suona già crepuscolare. Daniel è insomma un esempio di come il discorso video possa essere interpretato: fuori dalle logiche del mercato, fuori dagli schemi che vorrebbero la videostar ritratta in una certa luce, fuori dalle gabbie che le major costruiscono per le loro creature.
Immaginate una star italiana fare un video del genere: fantascienza.

#6
Big Rain (Bingo Fury)
diretto da Max Mclachlan

Tra i più originali dell’anno, il video di Fury sporca un’esecuzione domestica assai jazzy, al pianoforte, con umori horror e paranoici, apparizioni spiazzanti e quasi lynchiane, creandole attorno una narrazione parallela che a tratti s’impossessa del lavoro, a tratti sembra abbandonarla. 

#5
Beside April (BADBADNOTGOOD)
diretto da Camille Summers-Valli

Premessa realistica, con esperienza immersiva in un paesaggio montano e destrutturazione degli elementi in una dimensione astratta, che li rimedita teoricamente, a livello spaziale e temporale. E in cui il movimento del cavallo protagonista diventa oggetto di analisi quasi muybridgiana. Il passaggio da un livello all’altro è meravigliosamente disinvolto, senza forzatura alcuna: il video si fa forte del cambio di passo non dando mai l’impressione di una partitura intellettualizzata.

#4
Butterflies (Skrillex, Starrah & Four Tet)
diretto da Ben Strebel

Un bell’impasto: realismo sociale (senza insistenze, ma con ambiente e situazioni a cui credi subito), coreografia (fantastica, Holly Blakey non ne sbaglia una), una spruzzata di fantasy pure, ma al limite del possibile (un vfx garbato) e secondo registro. Soprattutto una forte adesione alla traccia musicale, immagini bellissime, fluida invenzione a ritmo incessante.

#3
We Will Become Better (Samsara)
diretto da Andzej Gavriss

La danza dell’amore si balla a distanza, forse perché costretti, forse perché soli (così ciascuno è il sogno e il desiderio dell’altro).

#2
Streets (Doja Cat)
diretto da Christian Breslauer

Un taxista ipnotizzato di fronte a una vetrina, un manichino che è/diventa Doja Cat e un viaggio immaginario che è pura visione lisergica in cui si confonde sensualità, orrore (gli zombie), fantasie da comic, incubi atomici. La libertà e l’inventiva con cui questo universo vaneggiante viene messo in scena sono di caratura superiore: Breslauer (che recepisce la Silhouette Challenge di Tik Tok, che ha riportato in auge il brano) è abilissimo anche nel gestire le montagne russe dei toni che partono divertiti, diventano inquietanti, chiudono quasi in commedia.

#1
Montero (Call Me By Your Name) (Lil Nas X)
diretto da Tanu Muiño, Lil Nas X


QUI lo speciale

REGISTA
Christian Breslauer

A rigore anche rivelazione dell’anno, visto che è esploso come una bomba H in questo 2021: Christian Breslauer, debutta nel 2015 ma in realtà è in attività frenetica solo da un biennio: in The Box di Roddy Ricch (2020) spicca la sua predilezione per un videoclip cinematico con propensione al genere e un’anima action che si manifesta in sequenze spettacolari, di grande impatto visivo. Fan sfegatato di David Fincher, sbanca con Streets di Doja Cat e, a proseguire la sfilata di wowing video, Industry Baby di Lil Nas X (feat. Jack Harlow), prison clip (nel teaser la star è condannata a cinque anni di reclusione perché si è dichiarata gay), convertito in musical muscolare. Ma plasmato dallo sfrontato immaginario queer dell’artista ad evolverne coerentemente la videografia, composta di narrazioni autoriferite, provocatorie, militanti.
Di quest’anno anche:
Feels (Tory Lanez feat. Chris Brown)
Sacrifice (Bebe Rehxa)
Don’t Be Shy (Tiësto feat. Karol G)
Die For You (The Weeknd)

Menzione doverosa a Tanu Muiño, segnalata l’anno scorso come regista rivelazione con Juro Qué per Rosalía, e oramai solida certezza. E non solo per Montero, suddetto video dell’anno. Cura maniacale del décor (si veda lo splendido set design per Wild Side di Normani, un coreografico da spellarsi le mani), giocato su cromie abbaglianti; performance che enfatizza i punti di forza dell’artista senza soffocare la progressione narrativa; camera mobilissima, mai esibizionistica. La Nostra, Montero docet, fa anche un radicale e portentoso ricorso all’animazione digitale e al green screen: se Up di Cardi B è a suo modo una black comedy, Rumors di Lizzo (feat. Cardi B) è un performativo divertente e provocatorio, giocato sull’iconografia dell’arte classica greca, un women’s empowerment video che gioca a sdoganare una femminilità assertiva e inconsueta per il promo musicale (ballerine sovrappeso, performer incinta, simboli fallici fastosi).

Rivelazione: Molly Burdett
Feels Right (Biig Piig)
Hope (Arlo Parks)

COMMISSIONING ARTIST
Lil Nas X

L’icona, il linguaggio, il corpo (a cura di Alessandro Ronchi)

Video 2021:
Montero (Call Me By Your Name)
diretto da Tanu Muiño, Lil Nas X

Sun Goes Down
diretto da Lil Nas X

Industry Baby (feat. Jack Harlow)
diretto da Christian Breslauer

That’s What I Want
diretto da Stillz

TITOLI DI CODA

Thot Shit (Megan Thee Stallion)
diretto da Aube Perrie
Video-comedy dell’anno. L’autoironia così dichiarata sortisce spesso l’effetto contrario. E invece qui funziona alla grande.

Nina’s Song (Travis)
diretto da Fran Healy
Gatti cantano? Deepfake umano/animale. Stesso principio applicato su materiale di repertorio qui, dirige Maxim Kelly.

Song For Elsa (Wassailer)
diretto da David Bertram
Come affrontare il lockdown in modo inventivo: la rappresentazione simbolica del combattere con un’idea. 

Turn Back Time (Diplo & Sonny Fodera)
diretto da Jay Walker
È tutto nella tua testa: l’ossessione per una donna, che forse non esiste, nella parabola notturna di un uomo d’affari. Conta il come: splendido il lavoro fotografico e quello sulle ambientazioni.

Don’t Judge Me (FKA twigs, Headie One)
diretto da Emmanuel Adjei & FKA twigs
Rappresentazione nelle forme del teatro danza del dramma della discriminazione. Sci-fi simbolista per FKA twig, grande performer. L’alternanza dei set e il solito occhio di Adjei non bastano, il risultato è statico, nonostante la coreografia di Theo TJ Lowe e Dominant Namek.

Cuenta Lo (Biig Piig)
diretto da Nono Ayuso & Rodrigo Inada
La febbre del gioco come un’allucinazione. Tour de force stilistico in cui si inseriscono performance e coreografia. Molto rispetto.

Pay Your Way In Pain (St. Vincent)
diretto da  Bill Benz
Clip-catalogo che riproduce (con mezzi dell’epoca) il tratto visivo delle produzioni video anni 70, in omaggio alle atmosfere retro del brano. Un po’ come St. Vincent: tanto cervello, pochissimo cuore.

Howler (Martin Gore)
diretto da NYSU
NYSU continua a regalarci visioni altre, fuori dal dominante realismo, impregnate di inconscio. Qui una serie di quadri in loop – che assecondano la ripetitiva struttura del brano di Gore – che rimeditano le scimmie kubrickiane (e dove in un video c’è Kubrick, così aleggia lo spirito di Jonathan Glazer) e le incrociano al Pianeta di Franklin Schaffner. Nel prisma di livelli l’impressione di un incartarsi sterile che la fine risolve solo in parte. Al prossimo.

La Nuée (Simon Leoza)
diretto da Vincent René-Lortie
Un piccolo film sulla crescita, con cura inusitata di art direction e confezione visiva. Una fiaba di (ir)realismo spiazzante.

All I Want Is Here (Carla)
diretto da Marc Lesperut
Narrazione che si muove sul filo parallelo di una seduta di ipnosi e della corrispondente visione indotta. Taglio cinematografico, tutto proteso alla resa atmosferica del racconto.
Altri cineclip degni di nota:
45 Fahrenheit Girl (Drew Sycamore)
diretto da Jonatan Egholm Keis
We’re On Our Way Now (Noel Gallagher’s High Flying Birds)
diretto da Dan Cadan & Jonathan ‘Scully’ Mowatt
Ispirato a Fino all’ultimo respiro di Godard, con Matt Smith e Gala Gordon.

Jealous (Mahalia feat. Rico Nasty)
diretto da Melody Maker
Scrivendo di Waves di Trey Edward Shults (film che qualunque videofilo “nei tempi” dovrebbe vedere) dicevo del debito che tanto cinema contemporaneo deve pagare a Belly, il film del 1998, di uno dei maestri del videoclip Hype Williams. In questo Jealous Melody Maker lo cita espressamente.

Camelot (Deep Tan)
diretto da Chino Moya
Saluto, dopo più di un lustro, il ritorno di un videomaker che mi piace tanto. Rientra squadernando l’opposto di quel che ci si aspetta da lui, che è stato il re del colore, della composizione elegante e del glamour: bianco e nero, set minimale, performance disturbata. Love.

Boy Is Dead (Biting Elbows)
diretto da Ilya Naishuller
Maestro.

good 4 U (Olivia Rodrigo)
diretto da Petra Collins
Fantasia vintage che cita di tutto (inquinandolo), in ossequio a un brano (album?) che guarda alle GoGo’s, passa per The Hole e arriva agli Elastica.

Medo (Terno Rei)
diretto da VIRA-LATA
Una sci-fi povera come avrebbe potuto farla CANADA agli inizi, ma con una narrazione più evidente.

All You Ever Wanted (Rag’n’Bone Man)
diretto da Mike Elizondo
Interessante interazione tra il performante RBM e un paesaggio modellistico. Però è più bello questo video di Uolli.

Find My Way (Paul McCartney fet. Beck)
diretto da Andrew Donoho
Il solito Donoho super-tecnologico, ma con mano davvero felice nel creare, via deepfake, un McCartney giovane e beatlesiano, ballerino eccelso e figura magica che si muove tra ambienti reali e virtuali. Colpo di scena finale.
Dal regista anche le donne prodotte in catena di montaggio che si ribellano, per la Bella Poarch di Build a B*tch: molto #metoo, narrato un po’ banale, ma tanti soldi in ballo, spesi, come al solito, con criterio (si vedono tutti).

Say What You Will (James Blake)
diretto da Bear Damen
Il video è più curioso che bello, tutto giocato sull’ideuzza di James Blake perseguitato dalla fama e dal successo del suo collega Finneas, il fratello-pigmalione di Billie Eilish (che si presta volentieri). Ma è interessante che Blake si metta in gioco esplicitamente sul versante della commedia e che lo faccia su un brano del genere, che sembrerebbe inadatto, conferma che sul fronte video l’artista ha intenzione di sperimentare sempre e comunque.

To Have You (For Those I Love)
diretto da Niall Trask
Un video-doc, che da un po’ non ne proponevo. Questo, in pellicola e bianco e nero, sulla squadra di calcio irlandese Shelbourne, vale assolutamente la visione.

A Hero’s Death (Memorial)
diretto da Jake Dypka
Un piccolo grande video che ritaglia quadri e ritratti minimi con un rigore e un gusto sbalorditivi.

Demeanor (Pop Smoke feat. Dua Lipa)
diretto da Nabil
Sono troppo affezionato a Nabil per non nominarlo almeno una volta all’anno. Regista emblema dell’era di YouTube, sempre più frantumato tra campi diversi (Gully, il film, deludente, purtroppo), sforna produzioni ricche e frettolose, forse addirittura svogliate (la coreografia sciattissima), dove si ritrovano tutte le coordinate della sua poetica, ma anche la pressione di un altro appuntamento a ruota da onorare.

Lead Me To The Water (Nick Wilson)
diretto da Franklin & Marchetta
Amplesso vissuto in una dimensione visionaria, a un livello di realtà incerto (l’incertezza che ti dà il senso di colpa per le corna che stai facendo a tua moglie – ops, spoiler! -).

Treat People With Kindness (Harry Styles)
diretto da Ben Turner & Gabe Turner
Come in un musical classico (il bianco e nero), ma con lo spirito di oggi, quindi con una performance a cui all’uomo (Harry, who else?) si abbina una donna (Phoebe Waller-Bridge), ma con piena confusione dei ruoli, abolendo quelli canonici, nella coreografia come nel modo di presentarsi (gli abiti unisex): il racconto è brioso e coinvolgente, il ballo è gioiosamente dilettantesco, le riprese dinamiche e inventive.
Fluid Dancing.

Weakness (Poppy Ajudha)
d
iretto da Poppy Ajudha


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