Drammatico, Recensione

VIAGGIO IN GIAPPONE

Titolo OriginaleSidonie au Japon
NazioneFrancia, Germania, Giappone, Svizzera
Anno Produzione2023
Durata95'
Fotografia
Montaggio

TRAMA

La casa di Sidonie, scrittrice francese, è vuota da quando il marito è morto tragicamente in un incidente. La donna la lascia quindi temporaneamente, cogliendo l’occasione di un viaggio in Giappone per degli impegni promozionali con l’editore che sta curando una riedizione del suo primo romanzo. All’arrivo, quest’ultimo la attende in prima persona, per accompagnarla in un esplorazione in varie tappe attraverso le meraviglie del paesaggio nipponico.

RECENSIONI

Il Giappone, visto attraverso gli occhi occidentali, dopo Perfect Days di Wim Wenders, ritorna protagonista. Il film è Viaggio in Giappone (presentato al Festival di Venezia, sezione Giornate degli autori), la regista è Élise Girard, classe 1976. In occasione della ristampa di un suo libro di successo, la scrittrice parigina Sidonie Perceval (Isabelle Huppert), su invito dell’editore nipponico Kenzo Mizoguchi (Tsuyoshi Lhara), si reca in Giappone. Inizialmente riluttante e spaesata da una cultura distante e una lingua sconosciuta (Girard gioca ironicamente con gli stereotipi e i cliché orientali), ma anche dai suoi traumi irrisolti e dai lutti vissuti (ha perso, in momenti differenti, il marito e i genitori), Sidonie fatica ad ambientarsi, ma poco alla volta, complice il rapporto sempre più confidenziale con Kenzo, abbandona le iniziali resistenze e impara a lasciarsi andare. Sarà soprattutto l’occasione per fare i conti con il passato, stinto e irrisolto. La natura fantasmatica del Giappone induce Sidonie - influenzata da quei luoghi, dove il mondo dei vivi e quello dei defunti si mescola e si confonde - a rimettere in discussione il presente, a vedere e percepire la realtà in modo diverso. Così, lo spirito del marito inizia ad apparirle, manifestandosi in tutta la sua immateriale ed ectoplasmatica (in)consistenza. E con questi - in senso metaforico e in senso figurato - inizia un dialogo fitto di domande, confessioni, interrogazioni. Tra sogno, speranza e illusione. Un passo a due dolce e dolente per congedarsi e dirsi addio. Il viaggio, fisico e simbolico, segna il passaggio e lo stato da un luogo all’altro, da una condizione emotiva all’altra, liberando la transitorietà dell’essere.  Il Giappone ritratto da Élise Girard - mistico e impalpabile -, che poco alla volta incanta e avviluppa la protagonista, non è oleografico o cartolinesco, al contrario: è poetico, vibrante, crepuscolare.

Viaggio in Giappone è la storia di una rinascita: di una donna che fa i conti con i fantasmi della sua vita, con il tempo che passa, l’elaborazione del lutto, la riscoperta del corpo e dell’eros. Élise Girard, con rigore e pudore, dà vita a cadenzati movimenti di macchina che spiano la protagonista nella sua intimità (attraverso intensi primi piani) o immersa dentro la vastità dei luoghi e del paesaggio (in campo lungo) riuscendo a cogliere i micro cambiamenti emotivi e le (neofite) prospettive esistenziali di una donna di mezza età, che poco alla volta si libera dalle catene del dolore e si abbandona ad una nuova passione. È una commedia lieve e leggera sulle possibilità e sul caso, un dramma in punta di fioretto sul dolore, la perdita, la morte.
Isabelle Huppert è sensuale, dolente, profonda. Ogni suo sguardo apre varchi di infinite possibilità e traiettorie emotive. Il suo corpo è creta che il cinema plasma come il pittore fa con la luce. L’ennesimo bellissimo personaggio da aggiungere alla lista delle donne - sempre in cerca, in fuga, in attesa - da lei interpretate. La luce naturale che plana sul suo corpo e il vento che scompiglia i capelli e alza la gonna restituiscono i tratti di un’attrice/diva misteriosa, ambigua e sfuggente. Una nessuna e centomila.