TRAMA
Gli anziani genitori campagnoli intraprendono un lungo viaggio per visitare i figli sparsi nella metropoli. Ma quest’ultimi sono troppo impegnati per loro, finanche scocciati. Solo una nuora, vedova del figlio morto in guerra, dimostra riconoscenza per il gesto
RECENSIONI
"Cosa se ne fanno i genitori del tuo affetto quando sono nella tomba?". Rispettali e amali in vita, soprattutto se sono amorevoli (ottimi interpreti) come i due protagonisti, ritratti da Ozu nel loro saldo e consolidato amore e nell’immensa compostezza, segno distintivo di una dignità, di un'educazione all'antica che rifugge il lamentarsi, al contrario dei figli che dimostrano poco riguardo, imbrigliati nei tempi frenetici della società moderna che genera bambini viziati e maleducati (contrapposizione fra le ciminiere di Tokyo e il placido fluire del fiume nel paese di campagna). È sintomatico che sia una figura acquisita, la nuora, a dare e ricevere di più dai genitori acquisiti: le nuove generazioni stanno perdendo sempre più i valori concernenti la famiglia, la figura paterna, i legami di sangue. Fra l'esiguità di primi piani e una macchina da presa quasi rasoterra, prende forma un cinema di geometrie non schematiche ma sapidamente semplici, che Ozu ha ripetuto più volte, nei modi e contenuti, durante il suo cammino artistico: temi e storia li avevamo già scorsi, ad esempio, in Il tempo del raccolto del Grano, Il Figlio Unico (con il viaggio a Tokyo della madre), Fratelli e Sorelle della Famiglia Toda, e li ritroveremo in futuro, senza dispiacercene, forse qua un poco annoiati (la lunghezza pesa), là irritati da un conservatorismo controcorrente, ma con gran rispetto per il lavoro di un uomo il cui trasporto morale è tanto sincero da appassionare a questo "nulla" rappresentato, estratto cioè da un quotidiano rituale, fatto di banalità e formalità che, per Ozu, simboleggiano l'armonia. Non si creda, poi, che l'apologo sia semplicistico: non c'è poi tanto manicheismo nella contrapposizione vecchi/giovani, le “colpe” sono della “Vita”, mai del singolo e il sentimento finale, sebbene nostalgico del passato, è anche d'accettazione delle mutazioni. La polemica, coerentemente con il messaggio, è solo sussurrata. Lo sceneggiatore Kogo Noda s'è ispirato a Cupo Tramonto di Leo McCarey (che Ozu non ha visto).
