(di tutto un po’… senza prendersi troppo sul serio)
Il ConcorsoAl di là di tutto quello che si è letto sui giornali in relazione alla mediocrità di questa edizione, il Concorso si è invece caratterizzato per il grande equilibrio raggiunto dal direttore Marco Müller nel cercare, e trovare, percorsi visivi rappresentativi e non scontati. Molto attenta, quindi, la selezione, in grado di spaziare nella geografia, nei generi, ma anche negli stili, evitando di appoggiarsi sui soliti noti e tentando strade alternative attraverso opere non sempre riuscite, ma comunque in grado di captare con incisività un sentire contemporaneo. Con alcuni picchi, sia in negativo (il greco Attenberg, di Athina Rachel Tsangari, è cosa che in Concorso non si sarebbe voluta vedere), che in positivo (Venus Noire, di Abdellatif Kechiche, frettolosamente bocciato un po’ da tutti, e invece potente nel mettere a nudo le contraddizioni dello sguardo).
Le altre sezioniMeno strutture (la Sala Perla 2 è scomparsa) e meno tempo da dedicare alle sezioni collaterali, ma la sensazione è di un minore impatto dei film presenti al di fuori del Concorso. Non c’è stata la chicca proveniente da Giornate degli autori o dalla Settimana Internazionale della Critica di cui si continua a parlare. A parte forse Incendies di Denis Villeneuve, di cui tutti dicono un gran bene e che purtroppo non sono riuscito a vedere. Tra le altre sezioni, è probabilmente ancora in cerca di un senso Controcampo Italiano, che sembra più che altro raccoglitore indistinto del prodotto nazionale. Lode, invece, alla decisione di imprimere una svolta personale a Orizzonti, inizialmente Leone di serie B, poi contenitore anonimo e da quest’anno “luogo” in cui poter rappresentare un punto di vista alternativo al modo odierno di intendere e fare cinema, con l’inclusione anche di opere “fuori formato” (pellicole di durata inferiore ai 60 minuti o superiori alle due ore) e di registi formatisi in ambiti espressivi differenti da quello cinematografico.
L’ItaliaIn mancanza di divi stranieri, l’Italia è stata onnipresente (ben 41 titoli sparsi nelle varie sezioni). Limitandosi ai film in Concorso, si può dire che ognuno, al di là dei risultati, ha mostrato personalità e la quadruplice presenza non ha stonato. Nessuno dei quattro titoli in cartellone, però, (La pecora nera, La passione, Noi credevamo, La solitudine dei numeri primi) aveva le carte in regola per imporsi agli occhi di una giuria, giustamente, internazionale attraverso la forza del linguaggio.
I PremiTotale dissenso con quasi tutti i premi attribuiti:
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_x000D_- il film di Sofia Coppola Somewhere non è brutto, ma è una cosina rispetto ad altre opere in Concorso; diciamo che ammanta di stile il poco che ha da dire; il che non è poco, ma di certo non abbastanza per il premio più ambito;
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_x000D_- Attenberg, premio all’attrice Ariane Labed, l’ho trovato orribile e l’attrice non mi ha minimamente colpito, se non per l’antipatia del personaggio che interpreta;
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_x000D_- non ho visto Essential Killing, quindi non mi pronuncio sulle doti recitative di Vincent Gallo, personaggio comunque di insopportabile spocchia: ha annullato la conferenza stampa del suo film, non ha fatto la canonica passerella e non si è nemmeno presentato (ma pare fosse in sala) per ritirare il riconoscimento conferitogli; non è detestabile chi sputa nel piatto in cui mangia? Ok! Ok! mi riferisco all’uomo e non all’attore, quindi parlo a vanvera, magari nel film di Skolimowski è davvero bravo; però…
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_x000D_- il Leone d’Oro per l’insieme dell’opera a Monte Hellman per Road to Nowhere: senza dare troppo peso all’amicizia di Hellman e Tarantino, non è che il film si prenoti un posto nella memoria collettiva;
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_x000D_tranne
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_x000D_Alex de la Iglesia, premiato per la regia di Balada Triste de Trompeta, film un po’ scombiccherato ma sicuramente di forte impatto e ben condotto.
Vivere al LidoNulla da aggiungere rispetto agli anni precedenti. La quotidianità non è affatto spiacevole, organizzandosi si riescono a non spendere cifre folli per pranzare e cenare e l’atmosfera, nonostante la decadenza sia sempre più un dato di fatto, è coinvolgente. Una settimana fuori dal mondo e dentro gli schermi è una sorta di massaggio mentale. Alla fine il corpo è un po’ sgualcito, ma lo spirito ne guadagna.
Le StruttureMai come quest’anno l’usura del tempo si è abbattuta sulle strutture del Lido. Una Sala Grande tenuta insieme con lo scotch, con una scenografia che ne cambia i connotati esterni ma ne palesa la necessità di ristrutturazione generale. Basta un forte temporale, comunque, perché il festival si blocchi: pozze enormi, sala stampa allagata, acqua e umidità ovunque. Mostruoso, poi, il cantiere a cielo aperto davanti al Casinò, su cui sorgerà il nuovo palazzo del cinema. Lavori bloccati a causa della scoperta di amianto nel terreno e con finanziamenti agli sgoccioli (i lidensi interrogati al riguardo hanno parlato “del solito magna magna con 93 miliardi di euro finiti chissà dove…”). Il progetto è faraonico e spettacolare. Si farà mai?
Le PolemichePassano gli anni ma il dopo festival è sempre incentrato su polemiche di ogni tipo. Il capro espiatorio sono quasi sempre i premi attribuiti, ma l’oggetto del contendere riguarda più che altro giochi di potere, scrivanie scricchiolanti e la politica, che di stare fuori dagli schermi proprio non ne vuole sapere.
_x000D_Attenendosi all’apparente oggetto del contendere, sia che qualche italiano vinca, sia che il cinema nazionale resti a bocca asciutta, le polemiche non sono mai mancate. Quest’anno, che i premi più importanti sono andati ad altri, è prevalso il coro degli scontenti per l’assenza di riconoscimenti. Ecco quindi chi scredita la giuria e vuole “mettere becco nella scelta dei giurati a nome del popolo che il governo rappresenta” (il ministro per i Beni e le Attività culturali Sandro Bondi, in un’intervista rilasciata a Panorama), il conseguente sdegno del mondo del cinema, i rilanci (Sgarbi in difesa di Bondi), i malintesi (il confronto a distanza tra Martone e Salvatores).
_x000D_Che dire! Nulla, se non che non me la sento di entrare in un teatrino dove le parti fingono di parlare di una cosa mentre invece parlano di altro. Le cose ovvie sono sotto gli occhi di tutti.
Quello che sì- La possibilità per gli accreditati di prenotare i biglietti invenduti in Sala Grande per quasi tutti gli spettacoli; dopo un necessario rodaggio, che aveva fatto temere il peggio (code chilometriche, tempi biblici, nessun limite al numero di biglietti che ogni singolo poteva prenotare), il meccanismo si è oliato con efficacia.
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_x000D_- Il posticipo delle conferenze stampa in modo da consentire la visione preventiva dei film oggetto del dibattere.
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_x000D_- La sempre maggiore rilassatezza degli addetti ai lavori, meno rigidi rispetto a passate edizioni e più inclini ad ascoltare le esigenze di pubblico e accreditati.
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_x000D_- La bellezza di Pilar Lopez de Ayala (era in Lope): ne risentiremo parlare.
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_x000D_- La disponibilità di Willem Defoe a incontrare il pubblico.
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_x000D_- La veracità di Michele Placido, quest’anno (con una stampa a favore) più pacato del solito.
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_x000D_- Fabrice Luchini alla conferenza stampa di Potiche: ”Sono sempre felice di interpretare personaggi mediocri, abietti, addirittura ai confini dell’ignominia. I personaggi ignobili sono più interessanti. Dei tipi poco raccomandabili, come il vostro Presidente…”
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_x000D_- Il ragù e i fondi di carciofo del Bar Trento: davvero ottimi!
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_x000D_Una settimana in cui il massimo dei problemi è restare fuori da una proiezione o decidere tra due eventi, entrambi interessanti, in contemporanea…non c’è che dire, un vero lusso!!!_x000D_
Quello che no- Luca Barbareschi alla conferenza stampa di Noi credevamo: e dai, dura una mezz’oretta, si può stare tutto il tempo al telefonino davanti a gente seduta lì anche per te?
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_x000D_- La gerarchia sottesa agli accrediti; sarà un luogo comune, ma gli accreditati cinema (verdi) di solito chiacchierano con tutti mentre i Daily Press (rossi) evitano il contatto con caste inferiori; i Media Press (arancioni) e Press (Blu) si collocano nel mezzo, a seconda degli umori.
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_x000D_- L’Hotel Des Bains chiuso per ristrutturazione; in fondo non ci sono mai stato, quindi chissene, ma era davvero molto suggestivo e poi Morte a Venezia, Clark Gable, ma, soprattutto, ho letto che sarà trasformato in un residence di lusso (appartamenti da 15 mila euro al metro quadro); bah, soliti perimetri esclusivi, ma ancora più inaccessibili!
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_x000D_- I cestini, questi misteriosi oggetti del vivere civile, introvabili al Lido.
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_x000D_- L’italietta televisiva che fa di tutto per essere presente sulla passerella di Somewhere di Sofia Coppola, quando nel film la parentesi italiana serve solo per rappresentare la deriva del buon gusto;
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_x000D_- I “Kontroller”, cioè i giganti in nero che alle prime hollywoodiane stanno in piedi ai lati della sala e scrutano gli spettatori con un cannocchiale a infrarossi per scovare eventuali pirati intenti a registrare il film; cercavo solo una caramella nelle tasche e subito uno mi è piombato vicino con occhi di ghiaccio e incedere da killer; mamma mia che paura! Tanto in rete i film ci finiscono comunque!
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_x000D_- Il preventivo dissenso nei confronti de La solitudine dei numeri primi.
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_x000D_- Il preventivo assenso (con risate grasse e applausi annessi) per i film di John Woo, Tsui Hark e Miike Takashi.
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_x000D_Perché presentare nella stessa giornata due film dai titoli quasi identici: La passione e Passione?