TRAMA
Una maledizione sembra incombere su Camp Crystal Lake che, riaperto ai giovani campeggiatori dopo vent’anni dai tragici eventi che lo funestarono, non smette di mietere vittime.
RECENSIONI
La considerazione preliminare per il capostipite di una ininterrotta sfilza di sequel (ben 9 considerando gli ultimi Jason X e il cross over Freddy vs Jason) è abbastanza ovvia: Venerdì 13, insieme a Halloween, La casa, e Nightmare, ha contribuito massicciamente a disegnare e definire i confini di un nuovo immaginario orrorifico, gettando i presupposti concettuali di un'alterità foriera di una paura interminabile: l'orrore diviene saga di se stesso.
In realtà il modesto Sean S. Cunningham confeziona un onesto prodotto cinematografico assemblando efficacemente, lo dobbiamo riconoscere, quanto più cinema horror conosce in un'opera alquanto diseguale che riesce a fondere la maestria di Mario Bava (Reazione a catena è un debito che purtroppo Cunningham non sarà mai in grado di ammettere) filtrandola gettando più di una complice occhiata al gran mestiere di Carpenter (il suo già citato Halloween) in un lavoro interminabile sulle soggettive che inaugura inedite aperture al concetto di suspense, coniugando per altro felicemente anche tutto il discorso estetico-filosofico sull'immedesimazione con il monstrum che non si mostra, che vede (il) tutto senza essere visto (immedesimazione che genera spaesamento visivo presupponendo uninquietante sovrapposizione di sguardi: l'assassino, il regista, lo spettatore, asse semiologico imprescindibile sotteso dal cinema come linguaggio); mescolando audacemente il tutto con le esili strutture dei più triviali nudies da drive-in che nei primissimi anni '80 ancora impazzavano nelle university-town di tutt'America.
Altri autentici punti di forza del film, oltre comunque a un impianto tramico in definitiva non così banale, fondato su di un inatteso 'edipo' ribaltato, per cui una cruenta Giocasta, mater terribilis, si vendica su coloro che hanno lasciato morire il figlio, risiedono decisamente negli effetti speciali del navigato Tom Savini (la fascinazione della truculenza è garantita) e soprattutto nelle accattivanti atmosfere musicali (bernard)hermanniane della partitura di Harry Manfredini, in cui si sovrappongono inquietantemente clangori di lame, sinistri scricchiolii di porte e agghiaccianti rantoli gutturali. Un culto che è andato ben al di là dei suoi meriti effettivi.
