
TRAMA
L’ultimo vampiro rimasto al mondo giunge a Brooklyn in nave dall’Africa, lasciando una scia di morti. È alla ricerca dell’ultima donna della sua razza, guarda caso un’ispettrice di polizia che indaga sui suoi delitti.
RECENSIONI
Una vena orrifica, con la paura protagonista che surclassa e sovrasta la vis comica di Eddie Murphy. Un intermezzo con un incubo che pare reale. Il tema della connivenza fra bene e male. Sono le tre “firme” di Wes Craven (se si esclude la consueta, precisa scelta di non esagerare con gli effetti speciali) in un quadro non suo, voluto e prodotto dalla star comica nera? Oppure è uno dei pochi film del periodo in cui Murphy è in secondo piano rispetto alla regia? La risposta sta in un tiro alla fune in cui, alla fine, la corda si rompe, lasciando di sasso e a gambe all’aria autori e spettatori. Murphy si ritaglia il suo “numero” interpretando ancora, truccato, più personaggi (le varie incarnazioni del Nosferatu), fra battute mediocri e una gag spassosa alla Raw (quando fa il predicatore…del Male). Lascia perplessi, però, la scelta di riservare a sé un personaggio di fascinoso/tenebroso/malvagio che non sa gestire e agli altri interpreti (suoi duplicati compresi) la vena demenziale. Craven non ha del tutto l’alibi del lavoro su commissione e del tiranneggiamento sul set e/o in post produzione della prima donna: pare svogliato e non riesce a far lievitare un sottotesto che, per di più, era nelle sue corde politiche: un Dracula d’origine africana (idea non nuova: Blacula, 1972) che arriva in America per preservare la propria razza. Perfetto modo traslato di (ri)parlare della tratta degli schiavi. L’altro tema prepotente, la paura del diverso, viene annichilito insieme al resto da un ipocrita e banale lieto fine, che crede di essere ironico ma finisce solo nel dimenticatoio, come brutta copia di centinaia di conclusioni simili. Si sperava anche in una pioggia di sarcasmo sulla società statunitense rinvenuta a Brooklyn o negli stupidi quiz televisivi, invece il racconto (farina del sacco di Murphy) si perde senza appello nelle maglie del più risaputo film di vampiri con, sul proscenio, la trita commedia sofisticata (mista all’epica lotta fra bene e male) con la bella contesa da due uomini. Craven, per fortuna, non delude, sa sempre mettere in scena la paura (rigorosamente senza splatter) e, per quanto esigui, non mancano i suoi riferimenti critici alla realtà e alla natura umana. Arduo capire se sarebbe stato meglio virare completamente al farsesco: avrebbe senz’altro ottenebrato il telaio del mediocre racconto di base ma Murphy (il Male) si sarebbe impossessato di Craven (il bene+male). Meglio così, con il regista che, per quanto compromesso, ha salva la “vita”.
