TRAMA
Manhattan: un portuale fa sbarcare clandestinamente due parenti siciliani. Uno di loro si mette con sua nipote, di cui è gelosissimo.
RECENSIONI
Dramma della gelosia a tinte forti, morboso e scandaloso, a tratti enfatico ma di sicuro effetto. Tratto dalla pièce di Arthur Miller, vede Sidney Lumet in trasferta europea con film bilingue (Jean Aurenche per la versione francese, Norman Rosten per quella inglese) e in sintonia con un testo ed un autore che separano legge istituzionale e moralità individuale: la Legge è Natura; se non lo è, è sbagliata la Legge. Come in Morte di un Commesso Viaggiatore, è protagonista un individuo incapace di esprimersi attraverso le parole, preparando il terreno tragico nel Fronte del Porto che, prima, parteggia per la solidarietà fra connazionali e l’immigrazione clandestina figlia della povertà, e in seguito attacca duramente la mentalità maschilista che traduce in violenza le frustrazioni figlie della possessività nei confronti della donna, dei pregiudizi nei confronti del diverso (la fobia verso l’omosessualità), dell’ipocrisia (il protagonista vigliacco e impotente) e dell’esibizionismo macho (la prova di forza nella scena della sedia…). Il tutto esemplificato nella scandalosa ed audace (per l’epoca) sequenza del "doppio bacio" di Giuda (non mascherando il disprezzo, però) alla nipote e al ragazzo, con varie sequenze angoscianti come contorno: il terrore negli occhi di Maureen Stapleton quando intima alla nipote di staccarsi da “lui”, il tic-tac del telefono vendicativo, il finale shock. La mentalità retrograda ritratta genera anche danni collaterali: la moglie trascurata ma amata pur conoscendo i suoi desideri inconfessati, la nipote succube di un senso di colpa che non le dovrebbe appartenere. Il personaggio di Raf Vallone è inquietante, ingestibile, imbarazzante, la summa gonfia di una mentalità che ispira pena e fomenta rabbia. Nota a latere: le età reali e presunte (di finzione) degli attori lasciano un poco a desiderare.
