Azione, Horror

UNDERWORLD – IL RISVEGLIO

Titolo OriginaleUnderworld Awekening
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2012
Durata88'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Gli umani si sono accorti della presenza di Vampiri e Lycans e decidono di sterminarli. Selene però viene ibernata e si risveglia dopo dodici anni di criogenizzazione…

RECENSIONI

Underworld Evil

Film cazzuto. Forse Bazin avrebbe usato qualche sfumatura lessicale diversa, ma la sostanza mi pare questa. Dopo la parentesi prequelare del terzo capitolo, la saga si rituffa nella semplice progressione narrativa e fa decisamente bene. Gli intrighi, sotterfugi, doppi giochi avevano decisamente stancato, e allora si decide di buttarla un po’ in caciara, con lo scontro Vampiri – Lycans uscito allo scoperto mondiale e il rassicurante sapore da horror apocalittico pseudo-romeriano ad aprire le danze (tutto il prologo – reportage televisivo/giornalistico). L’atmosfera iniziale è un po’ quella, del tipo Dawn of the dead meets (gioi/c/osamente) Resident Evil. Niente di serio, insomma, tutto molto divertente. E compatto. E serrato. Senso del ritmo, coreografie action iperrealiste, ralenties svergognati e molta sana violenza grafica. Con la Beckinsale che ci crede ed è bello crederle, nel suo solito latex sadomaso da sexy shop e lo sguardo truce.

E una sostanza che, a pensarci bene, non è neanche così scontata. Nel senso che ci troviamo davvero dalla parte dei “cattivi”, con l’umanità che alla fine non è da biasimare più di tanto, se vuole difendersi con ogni mezzo da un’invasione di Vampiri e Lupi Mannari (sic). Umanità che però viene fatta a pezzi senza pietà dai “beniamini del pubblico”, senza apparenti scrupoli morali(stici), all’interno o all’esterno della narrazione filmica. Ciò implica una solida immedesimazione spettatoriale, per molti versi incompromissoria, acritica, sicuramente non comune.

La regia è passata nelle mani del duo svedese Marlind / Stein, dai trascorsi televisivi, che come già accennato dimostra di sapere il fatto suo. In particolare, se l’impronta generale ricorda molto il miglior Paul W. S. Anderson che si àncora ai tardi 90s per costruire una “gioiosa macchina da guerra” registica, i nostri si rivelano capaci di dare insolita fisicità al massiccio uso del digitale (tecnicamente rivedibile, tra l’altro). E di usare il 3D con misura (senso di profondità), contenuti intenti ludici (oggetti scagliati sul pubblico) e moderata inventiva (personaggi che scompaiono sullo sfondo per riapparire “in sala”).

Volendo avanzare qualche lamentela, si potrebbe rilevare un eccessivo debito (a tutti i livelli) nei confronti della saga cinematografica di Resident Evil, una sceneggiatura non esattamente “di ferro” oltre che tendenzialmente idiota (ma quando si maneggiano lupi mannari, pallottole d’argento e ibernazione non c’è da andare troppo per il sottile e va benissimo così) e poca lucidità nel trattare elementi narrativi che meriterebbero maggior definizione (il personaggio della ragazzina Eve, che ora fa le bizze e sferra pugnetti, ora strappa i licantropi come fogli protocollo). Ma quando un film è cazzuto è cazzuto.

Spudorato nella brevità e nella natura di mero raccordo per ulteriori seguiti, questo capitolo degli svedesi Mårlind & Stein è, però, maledettamente efficace: Len Wiseman, produttore e sceneggiatore, non molla la sua creatura (che sia Selene o la compagna Kate Beckinsale), inietta nuova linfa vitale mettendo in campo la fazione bellicosa e spietata degli esseri umani, per poi ri-fiondarsi nello scontro “underworld” fra licantropi e vampiri, bene o male sempre nel nome degli ibridi. Per una volta, però, il racconto è felicemente insignificante rispetto all’azione o a quegli sparuti sprazzi di sentimento sulle coordinate di cuore, orgoglio di razza, sopravvivenza. Più dei registi che li hanno preceduti, Mårlind & Stein lo trascurano (a rischio di fargli perdere quel poco senso che dovrebbe avere: vedi come Selene intercetta e interroga il detective della polizia) e se ne fregano del pathos: sin dalla prima sequenza, a loro preme mettere in scena movimenti eccitanti per sfruttare il girato in 3D (vero) e fanno un lavoro sopraffino per elaborazione dell’immagine, del quadro, dello storyboard, fra taglio di luci, effettismi vari, perfetta compenetrazione di creature digitali in ambienti reali, calibrata geometria del (finto) montaggio interno (vedere la scena in cui Selene, che sta per essere schiacciata da un ascensore, lo sforacchia di proiettili per passarci attraverso o quella in cui si barcamena fra le auto che un lycan le getta addosso facendo leva su una di esse per spingersi sotto un’altra). Un film che si dimentica dopo due secondi ma che ha offerto un bel giro di giostra.