
The Square di Ruben Östlund, già autore dell’imperfetto e osannatissimo Forza maggiore, è, come il suo predecessore, un film che parte da alcune idee forti e da un ventaglio di punti stimolanti e che, attorno a questo nucleo, costruisce una narrazione dilatata e discontinua, la riflessione sul contemporaneo partendo dalla messa in ridicolo del curatore di un museo, figura emblematica che concentra in sé una serie di obiettivi: dal mondo dell’arte ridotto a marketing al sistema culturale tutto, fino all’attuale, vuotissima società dello spettacolo. Un discorso che investe anche l’ipocrisia di un mondo privilegiato che finge empatia con le fasce più disagiate (dalle famiglie in banlieue ai barboni che bivaccano sul marciapiedi fino alla ragazza rom) per mantenere un contegno sociale corretto, ma nei cui confronti, in realtà, dimostra di nutrire pregiudizi e paure. La sottigliezza di questo pamphlet trova alcuni momenti di realizzazione piena e convincente, ma il film, che non lascia certo indifferenti, nel suo complesso zoppica, rimanendo più interessante che riuscito.
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VOTO: 6.5Sempre in concorso 120 Battements par minute di Robin Campillo guarda all’inizio degli anni 90, l’epoca in cui l’Aids si diffondeva nell’indifferenza generale, e alle gesta di un gruppo di attivisti (il corrispettivo francese dell’americano Act Up) che combatteva contro il sostanziale immobilismo istituzionale e le ambigue manovre dell’industria farmaceutica. Tutto giocato sulle dinamiche interne del gruppo, sui reciproci rapporti dei suoi membri, con salti temporali e flash sui blitz di denuncia, il film tinge la puntuale cronaca di pennellate intimistico-drammatiche. Doveroso l’omaggio a una stagione di sacrosanto impegno, ben documentato, il film resta un’operazione che si consegna all’obiettivo principale di rievocazione storica, sostanzialmente inerte.
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VOTO: 5.5Il colpo di fulmine è Un beau soleil intérieur di Claire Denis (Quinzaine des réalisateurs), con una Juliette Binoche donna smarrita tra amori, supposti ed effettivi, e rigiramenti intellettuali sul sentimento e i suoi percorsi, nel dubbio su cosa decidere, l’impossibilità di prevedere l’altro, di prevenirne le mosse, di leggerne il pensiero. Una commedia libera, spigliata, svagatissima, animata dai briosi dialoghi di Christine Angot, con il consueto stuolo di comparsate (alcune denisiane nel midollo, altre impreviste – un finale, gigantesco Depardieu -).
Che classe, che bellezza.
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VOTO: 8