Drammatico, Sala

UNA VOLTA NELLA VITA

Titolo OriginaleLes Héritiers
NazioneFrancia
Anno Produzione2014
Durata105'

TRAMA

Comune di Créteil. Liceo Léon Blum. Anno scolastico 2008/2009. Una delle peggiori classi, data per spacciata dalla maggior parte dei professori, trova un forte stimolo nell’iniziativa della professoressa Anne Gueguen: partecipare a un concorso del Ministero dell’Istruzione sul tema del genocidio ebraico attraverso un lavoro collettivo intitolato “I bambini e gli adolescenti nel sistema concentrazionario nazista”. Non sarà facile passare dal totale disinteresse alla passione, ma la professoressa Gueguen riuscirà a contagiare con i propri metodi educativi i ragazzi. Da una storia vera.

RECENSIONI

Realtà e finzione si compenetrano nell’opera di Marie-Castille Mention-Schaar. Vera è la storia della classe, una delle più turbolente, di un liceo delle banlieue parigine che grazie all’impegno e alla dedizione di una professoressa partecipa con inaspettato successo al “Concorso nazionale della Resistenza e della Deportazione (CNRD)”, istituito in Francia nel 1961 per trasmettere valori relativi ai diritti umani e ai principi democratici. Così come vero è anche l’apporto di uno dei protagonisti dei fatti narrati, il giovane Ahmed Dramé, studente nell'anno scolastico 2008/2009 in quella scuola e poi sceneggiatore e attore nel film che quegli eventi racconta. Ma veri sono anche i luoghi, il lungometraggio è infatti ambientato nel liceo Léon-Blum di Créteil, teatro della vicenda, e veri sono pure i volti di alcuni adolescenti che si mescolano ad attori professionisti per dare vita a un gruppo eterogeneo dove etnie e religioni non possono che confliggere. A sfumare definitivamente i confini percettivi è però l’apporto dell’ex deportato Léon Ziguel, che rappresenta la svolta nella presa di coscienza dei protagonisti, il momento in cui ogni dubbio sulla valenza del progetto è fugato. Un personaggio reale, quindi non interpretato da un attore (è morto nel gennaio 2015 a 87 anni), che squarcia la finzione con il racconto della sua vita nei campi di concentramento. La forza dirompente delle sue parole permette alla realtà e alla sua rappresentazione di fondersi raggiungendo quel limbo da cui scaturiscono le emozioni. A commuoversi e a partecipare sono gli  attori, come a suo tempo gli studenti, che hanno la stessa età che aveva Ziguel quando fu deportato, e, di riflesso, noi spettatori.

Tutto il resto è solo finzione, quindi ricostruzione calibrata con sensibilità per dare verosimiglianza a una storia che ha del fantascientifico. Difficile, infatti, credere che un coacervo così esplosivo trovi un equilibrio salvifico in grado di cambiare quello che sembrava un destino segnato. Determinante per volgere in positivo l’iniziale disinteresse degli studenti, oltre all’incontro con Ziguel, sicuramente la volontà e il carisma della professoressa promotrice dell’iniziativa, che nel film ha l’autorevolezza di un’interprete sensibile come Ariane Ascaride, capace di dare fiducia ai suoi allievi ponendoli al centro del percorso didattico. Per raggiungere il suo scopo la regista non abbandona quasi mai le aule scolastiche, resta sui volti dei giovani interpreti e cerca di rendersi trasparente. Facilmente attaccabile come buonista (ma è il soggetto stesso ad esserlo), il film affronta tematiche universali con onestà: il conflitto tra la libertà di espressione e il principio della laicità, la necessità di mantenere viva la memoria della Storia in modo da comprendere il passato per vivere con consapevolezza il presente e il bisogno dei giovanissimi di sentirsi percepiti come individui. Se gli intenti sono quindi lodevoli e il punto di vista prezioso, non mancano però eccessive sottolineature (quei palloncini colorati in volo a illuminare il grigiore del paesaggio, la signora sull’autobus che non accetta il posto offerto da una donna musulmana), alcuni stereotipi (la ragazza più ritrosa che diventa una delle più partecipi, lo studente introverso ai limiti del mutismo che trova poi modo di dare voce al proprio sentire, in generale l’equità dei caratteri all’interno della classe) e semplificazioni. Resta infatti piuttosto brusca, al di là della pacatezza dell’approccio, la maturazione dei ragazzi, troppo rapidamente in grado di capire l’importanza del progetto in cui sono coinvolti. Titolo italiano anonimo rispetto all’originale Les héritiérs, cioè gli eredi, che va invece dritto all’essenza.