TRAMA
Il quarantenne Alfonso, proprietario di un autosalone, sposa Regina, ragazza vergine, di famiglia cattolica osservante, di cui scoprirà l’ingordigia sessuale.
RECENSIONI
Originariamente intitolato “L’ape regina”, fu sequestrato dalla censura, soprattutto per la scena in cui Tognazzi infila un dito nella fessura della camicia da notte della sposa. Per evitare una condanna per offesa al pudore, la produzione e Ferreri acconsentirono a modificare il film (cinque minuti di tagli, dialoghi modificati) aggiungendo un’epigrafe a sostegno di morale e religione. Si aggiunse al titolo il didascalico “Una Storia moderna” e, tenendo conto delle ulteriori sforbiciate per i passaggi televisivi, l’apologo di Marco Ferreri è pervenuto per anni senza il mordente e la ferocia tipici dell'autore in questa favola amara che, attraverso il paradosso e la satira, aggredisce la volgare ed egoistica concezione del piacere, il formalismo bigotto, l'istituzione del matrimonio iscritta in un'ideologia che devia da una morale ed una religione più salutari. Il protagonista (un bravo Ugo Tognazzi che si diletta anche nella sua grande passione, la cucina) è il tipico galletto ruspante che si pavoneggia con gli amici e poi, come ipocrisia borghese vuole, cerca e sposa la femmina illibata. Quest'ultima, però, è talmente famelica a letto che pian piano lo consuma: è un'ape regina con il suo fuco che, una volta fecondata, elimina il (s)oggetto della procreazione. La famiglia alle sue spalle è matriarcale (tutte donne o quasi, tutte vedove e "regine"), pia, di stanza nel Vaticano: sin dall'inizio perseguita il pover'uomo con i racconti sulla morte dei maschi di casa. In Ferreri misoginia e anticlericalismo fanno fronte comune contro l'istituzione soffocante del nucleo familiare ma il discorso non è così semplicistico: la sua parabola accusa il maschio che abbaia e non morde (a letto: coltiva per tutta la vita un piacere egoistico cui poi non sa far fronte) e denuncia, al contempo, la situazione della donna che può "sfogarsi" solo dopo essersi sposata, esternando tutta la repressione e infine vendicandosi del maschilismo (auto)lesionista. Tagli a parte (recuperare la versione restaurata nel 2019), fece comunque scandalo e rese noto in Italia il nome di Ferreri dopo quattro film spagnoli.