Commedia, Fantastico

UN TUFFO NEL PASSATO

TRAMA

Tornati nella località sciistica della loro adolescenza, tre amici entrano in una vasca idromassaggio che li riporta nel 1986. Dovranno compiere esattamente le stesse azioni di quell’anno, se non vogliono subire un “butterfly effect” che sconvolgerà anche il presente.

RECENSIONI

Film di apertura del Fantafestival 2011, Hot Tube Time Machine riporta la commedia americana contemporanea al topos della macchina del tempo. Steve Pink adotta l'archetipo comico di sempre, l'amicizia virile che trionfa su tutto, già rinvigorito negli ultimi anni (si pensi alle hangovers di Todd Phillips), suggerendo appena un fondo problematico: l'intreccio si innesca dopo il tentato suicidio di Lou, alcolizzato allo sbando. Dall'altra parte il co-sceneggiatore di Alta fedeltà si rivolge agli anni '80. Questi vengono insieme evocati e irrisi, a metà tra parodia e rispetto (è stata comunque la golden age dei protagonisti), con la leggera vena iconoclasta che investe costumi, party e star come Michael Jackson. Ma è subito chiaro che, oltre alla ri-visitazione ironica degli Eighties, lo scopo ultimo della pellicola resta la successione delle gag: tra derive freak (Crispine Glover che perde il braccio) e minacce di futuro alternativo per le ripercussioni dell'effetto farfalla, i personaggi provano a lasciare il passato attraverso tutte le tappe della commedia, dalla rissa al sesso fino alle implicazioni sentimentali.

Un tuffo nel passato, che cita Ritorno al futuro in modo spesso letterale, si lascia quindi apprezzare soprattutto per il suo stimolante tentativo: l'incontro tra commedia e fantascienza che, dosando adeguatamente gli elementi dei entrambi, si iscrive al genere fantastico mantenendosi però nel campo della risata. Pink costruisce un'alternanza consapevole: se gli amici sono coinvolti nelle sequenze più scatenate, subito dopo si torna alla macchina del tempo guasta con le apparizioni, quasi donniedarkiane, del misterioso riparatore. Il risultato dell'unione è renderci più scettici sui nodi fantascientifici, demitizzare il 'problema' del ritorno al passato. Per il resto si rimane volutamente ancorati agli stereotipi, che la sceneggiatura a sei mani (Heald-Anders-Morris) non riesce a ravvivare, si limita a riproporre. Colonna sonora affollata e disomogenea (Bowie, Public Enemies, Spandau Ballet, Talking Heads) con Let's get it started dei Black Eyed Peas cantata da Craig Robinson vent'anni in anticipo sul futuro. Attori addomesticati nei rispettivi caratteri, equamente ripartiti nei loro tratti costitutivi, con John Cusack che produce e offre sé stesso come lancio del film. La regia senza intuizioni particolari, ma piuttosto al servizio delle singole scene, è la conferma del carattere conservativo dell'operazione: non vuole superare il già visto ma preferisce rifarlo, restando una commistione sci-fi/comedy a tratti riuscita, a tratti debole e priva di coraggio.