TRAMA
Saputo che un cavallo vincerà alle corse grazie ad una droga, Spence e Danny scommettono, attirando le ire degli scagnozzi di un boss coinvolto nella truffa.
RECENSIONI
È sin troppo facile rivoltare il titolo contro il film ma non è la prima volta che Blake Edwards firma una commedia talmente scialba da far ricredere sul suo titolo da regnante della commedia di stampo classico. Passa dal capolavoro (S.O.B., Victor Victoria), al successo di botteghino (La Pantera Rosa), per poi credere anima e corpo in un progetto fallimentare come questo, stanco e sorpassato tentativo di traghettare lo slapstick del muto (all'ippodromo sembra, non a caso, di essere negli anni venti) negli anni ottanta con (terribile) commento sonoro "sintetizzato" di Henry Mancini. I personaggi, senza alcun appeal comico, corrono con la moviola accelerata: soliti "ladri per caso" in fuga con il malloppo, se la devono vedere con gangster e polizia. Di mezzo anche una pianola che vorrebbe rendere omaggio a La Scala Musicale di Stanlio e Ollio, e uno stacco da musical ambientato in un fast-food uscito direttamente dagli anni cinquanta. Pur con tutti i suoi limiti, era molto più riuscita l’operazione-nostalgica con omaggio cinefilo di …E Tutti Risero di Peter Bogdanovich. Nel corso del racconto, Edwards preferisce sposare la mera e stereotipata farsa, fra sesso (il tipo di Ted Danson è un donnaiolo), mafia, auto in corsa, proiettili vaganti, gambe levate, incroci impazziti e baraonda finale da "Oh, cielo! Mio marito!". Scena piccante: Maria Conchita Alonso si toglie la pelliccia e…
